La Francia e la Germania bloccano le esportazioni verso gli altri Paesi dell’Unione europea, l’Europa prova a trovare una mediazione, il ministro italiano Speranza invoca unità. Unico punto comune: in Ue è in corso una sorta di guerra delle mascherine. I Paesi che le producono se le tengono strette, chi ne ha bisogno arranca, l’organismo sovranazionale lavora per appianare interessi e trovare una linea comune. Che poi è quanto richiesto dal ministro italiano della Sanità al termine del Consiglio Salute straordinario sul coronavirus: “Dobbiamo lavorare insieme. Nella mia richiesta di un più forte e veloce coordinamento c’è anche questo: non dobbiamo farci la guerra fra Paesi europei con il solo rischio di aumentare il prezzo dei dispositivi protettivi, come le mascherine” ha detto Roberto Speranza.

Le parole di Speranza: “Azione unitaria di tutta l’Unione europea”
A sentire il ministro, tutti i Paesi Ue hanno “bisogno di lavorare e decidere insieme sulla base delle esigenze che ci sono dove conviene utilizzare le mascherine nel più breve tempo possibile”. Per quanto riguarda la situazione dell’Italia, Speranza ha fatto sapere che Roma è già a lavoro “da molte settimane sul rifornimento, ma ci sarebbe bisogno di un unico livello di gestione degli acquisti, provando poi insieme a capire in quale parte d’Europa, nel singolo momento, c’è più bisogno. Io penso che questa sia la linea giusta”. La valutazione di Speranza ha anche delle basi economiche: “Se saremo tutti insieme a fare gli acquisti potremo trattare in maniera più significativa anche con Paesi terzi che producono dispositivi di protezione” ha continuato il ministro, secondo cui “questa è la chiave di volta e la richiesta del governo italiano”. Che sta affrontando in questi giorni un’emergenza che presto potrebbe estendersi con la stessa forza anche negli altri paesi del Vecchio Continente: “Il virus non arriverà nello stesso momento con la stessa forza in tutti i territori, quindi un coordinamento di natura internazionale è la chiave per affrontarlo nella maniera più intelligente – ha detto Speranza – dobbiamo lavorare insieme in questa direzione, e da parte dei grandi Paesi europei con cui mi sono particolarmente confrontato (Germania, Francia, Spagna), c’è un’indicazione che va in questa direzione“.

Francia e Germania bloccano l’export delle mascherine. E vengono criticate
Le parole del ministro della Salute, però, sono state anticipate da una decisione diametralmente opposta di Francia e Germania. Parigi e Berlino, infatti, hanno notificato alla Commissione Ue la sospensione dell’export di mascherine verso gli altri Paesi Ue. Non si è fatta attendere la risposta della Commissione Ue: “Gli Stati membri – ha spiegato un portavoce della Commissione – sono autorizzati a bloccare la libera circolazione dei beni per motivi gravi, e la protezione della salute pubblica è uno di questi, ma le misure devono essere giustificate, proporzionate e basate su motivazioni oggettive”. Che al momento non sembrano esserci, come si evince anche dalla critica mossa su Twitter dalla ministra della salute del Belgio, Maggie De Block: “Dobbiamo essere solidali nella ripartizione delle maschere di protezione. Un blocco delle esportazioni fra gli Stati membri non è nello spirito dell’Unione europea“. Ancor più dura la presa di posizione dell’Olanda. “Come in molti Paesi europei, l’attuale carenza di materiale per la protezione personale, ma anche di grembiuli protettivi e di occhiali di sicurezza è un tema molto sentito in Olanda. La scarsezza è alta in Europa – ha sottolineato il ministro della Salute olandese Bruno Bruins – A quanto mi risulta, alcuni Paesi stanno adottando misure nazionali per salvaguardare le loro scorte: questa non è la soluzione, in tempi di scarsità è importante mostrare solidarietà”. L’intervento di Bruins durante il Consiglio Salute straordinario, riunito a Bruxelles, ha toccato anche un altro tema: “Il divieto di esportare quelle merci – ha proseguito – metterebbe la solidarietà europea a rischio: invito tutti i colleghi ad astenersi da queste misure”. Bruins ha anche sottolineato la necessità che l’Ue diventi più autosufficiente nel campo della produzione di farmaci e medicinali e meno dipendente da “Paesi terzi“.

Parigi e Berlino provano a giustificarsi: “Il nostro non è protezionismo”
“Ciò che la Francia ha fatto” con le mascherine “non è una misura protezionistica ma un modo per avere una visione la più esaustiva possibile di ciò che abbiamo a disposizione”. Con queste parole il ministro della salute francese Olivier Veran ha risposto alle accuse rivolte ai Paesi che hanno bloccato le esportazioni di materiale protettivo. “Abbiamo già cominciato a constatare un aumento del prezzo di alcuni materiali, della rivendita nei mercati non ufficiali o online con esportazioni anche fuori dalla zona euro – ha continuato il ministro – È nell’interesse dell’Europa realizzare questo monitoraggio della nostra capacità di produzione delle maschere, di stoccaggio e dei bisogni che devono essere basati sui dati scientifici“. Veran ha poi detto che c’è una “perfetta convergenza” con il ministro Speranza e che “tutti dovrebbero fare questo lavoro preparatorio per avere una visione concertata a livello europeo. Ma la Francia non sarà un’eccezione alla sua richiesta di solidarietà, come ha sempre dimostrato”. Sulla stessa linea d’onda la Germania. “Non abbiamo vietato l’esportazione, ma stabilito che prima di farlo bisogna avere una buona ragione per farlo e chiedere un’autorizzazione alle autorità. Ma se si fa richiesta per l’export verso un Paese europeo o per un’organizzazione internazionale, ovviamente, è più probabile che venga data l’autorizzazione”. Parola del ministro della Salute tedesco, Jens Spahn, che ha risposto così a chi gli ha chiesto una risposta alle critiche avanzate dalla sua omologa belga verso i Paesi Ue che hanno bloccato l’export di materiale protettivo. “È importante che la decisione sia presa caso per caso, perché come ogni Paese riscontriamo una carenza di mascherine – ha continuato – e credo sia ancora più importante che in Ue ci sia un approccio unitario alla questione”.

Commissario Ue alla gestione della crisi: “Appello alla solidarietà e uso razionale”
“Sui dispositivi di protezione la situazione in Europa è molto specifica, le scorte non sono state molto elevate e non lo erano negli ultimi mesi e ora il rischio è maggiore e gli stati membri devono agire a livello nazionale e sulla base del loro fabbisogno“. Così il commissario Ue alla gestione delle crisi Janez Lenarcic al termine del consiglio straordinario Ue sul coronavirus. “Noi affrontiamo la situazione in tre modi – ha aggiunto -, con un appello alla solidarietà, questi dispositivi devono essere trasferiti nei luoghi dove sono più necessari e poi invitiamo ad un uso razionale”. Lenarcic ha poi annunciato che è stato avviata una “procedura di acquisto centralizzato a cui partecipano 20 stati membri”, una procedura che “è in corso” e che “le prime offerte dovrebbero essere ricevute a inizio della settimana prossima e poi procederemo”. Lenarcic ha infine sottolineato che “la Commissione fa il massimo per garantire una sicurezza nell’approvvigionamento di questi materiali in Europa”.

Commissario Ue al mercato interno: “Presto cabina di regia su produzione europea mascherine”
“Per avere una visione più dettagliata della situazione, la settimana prossima inviterò” i rappresentanti delle industrie europee che producono attrezzature di protezione individuale (come le mascherine) “per discutere della situazione del mercato, di possibili misure di sostegno concreto e per aiutarle a rispondere in maniera adeguata e coordinata alle sfide attuali”. Lo ha annunciato il commissario Ue al mercato interno, Thierry Breton, intervenendo al Consiglio Salute straordinario, convocato per discutere della situazione legata al coronavirus. “Dall’inizio della crisi, la Commissione ha preso misure per garantire che le attrezzature di protezione individuale necessarie arrivino a chi ne ha più bisogno, quindi al personale sanitario, alle squadre d’intervento sul terreno e ai pazienti”, ha assicurato Breton, “e dall’inizio di febbraio abbiamo contattato gli attori del settore per valutare l’evoluzione degli stock, localizzazione i siti di produzione ma anche l’impatto sulle consegne delle misure prese”. “Le aziende europee dispongono di una buona capacità di produzione per poter affrontare la situazione”, ha detto per fugare i timori su un possibile esaurimento delle scorte. “Alcune aziende hanno già preso delle misure per aumentare in maniera significativa la propria capacità di produzione che potrebbe raddoppiare o triplicare nelle prossime settimane“.

La situazione delle mascherine in Europa e nel mondo
Al netto delle polemiche e dei vari interessi nazionali, resta il fatto che in tutto il mondo c’è una carenza di dispositivi per proteggersi dal Covid-19, a cominciare dalle semplici mascherine fino ai guanti. Per far fronte all’emergenza le aziende dovrebbero aumentare la produzione del 40%. “Senza le forniture il rischio per gli operatori sanitari è reale”, ha detto un paio di giorni fa il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus. A causare la situazione attuale – sottolinea l’Oms – sono stati anche l’accaparramento e l’utilizzo errato: questi dispositivi sono necessari al personale sanitario per proteggere se stessi e gli altri dalle infezioni. Secondo i calcoli dell’Organizzazione, ogni mese servirebbero 89 milioni di mascherine per la risposta al Sars-CoV-2, mentre per i guanti la cifra aumentata a 76 milioni. Per fare fronte all’emergenza, i governi di diversi Paesi hanno deciso di vietare l’export di materiale sanitario come mascherine, respiratori, tute di protezione chimica, copriscarpe e camici medici: dalla Germania, alla Russia, Marocco, Turchia, Kenya, Kazakistan, Tailandia, a Taiwan, dove il divieto c’è dal 24 febbraio. La misura è già in vigore da alcuni giorni anche in Italia. Ancora più stringente il provvedimento di Parigi dove a inizio settimana Macron ha annunciato il sequestro di tutti gli stock. La consegna può ormai avvenire unicamente su prescrizione medica. Shangai dal canto suo ha donato al Comune di Milano, con il quale è gemellata, circa 5 mila mascherine: saranno date ai dipendenti comunali che sono a contatto con il pubblico agli sportelli.

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