Scaffali dei supermercati quasi vuoti, code alle pompe di benzina, caos nelle autostrade e blocco di partenze e arrivi nei principali porti. Gli autotrasportatori siciliani, che si riconoscono nella sigla Aias, hanno annunciato uno stop di cinque giorni che dovrebbe scattare la mezzanotte del 13 febbraio e andare avanti fino al 18. Quasi una settimana di protesta in cui promettono di fermare le attività nei porti di Palermo, Catania e Messina, oltre che presidiare i principali snodi viari, nel tentativo di mettere spalle al muro il governo Conte e quello regionale guidato da Nello Musumeci. In tal senso, mentre dall’assessorato regionale alle Infrastrutture arrivano rassicurazioni, nell’agenda della ministra Paola De Micheli e del suo vice Giancarlo Cancelleri ci sarebbe già la data per un incontro. Forse venerdì. In tempo per far rientrare la protesta. Anche se i diretti interessati non ci credono. “Non ci convocheranno mai, in politica nessuno si prende le proprie responsabilità”.

“Non vogliamo creare disservizi fine a se stessi o danneggiare la popolazione – dichiara il presidente di Aias, Giuseppe Richichi – ma di fronte al menefreghismo dei politici bisogna mettere in campo azioni forti. A essere danneggiata non è solo la nostra categoria, ma tutta la regione”. All’origine delle tensioni ci sono i rincari dei noli marittimi, decisi dalle compagnie di navigazione per ovviare all’obbligo di usare carburanti a ridotto contenuto di zolfo. L’International Maritime Organisation (Imo) ha deciso, infatti, che dall’1 gennaio le navi debbano usare combustibili con una percentuale di zolfo massima dello 0,5 per cento, nettamente inferiore rispetto al 3,5 precedentemente consentito. “Questi costi non possono ricadere su chi ogni giorno sale sulle navi per lavoro”, rilancia Richichi. Nel mirino, però, ci sono anche le autostrade, che in Sicilia sono sempre più un concetto astratto. “Andare da Palermo a Catania è praticamente impossibile, le deviazioni ci portano a viaggiare tra i monti, sono condizioni non degne di un Paese moderno – attacca il presidente di Aias – Mi chiedo come la società civile non abbia uno scatto di dignità e reclami con forza il diritto a spostarsi in sicurezza e in tempi accettabili”.

Nei mesi scorsi l’autostrada A19, che nel 2015 registrò il cedimento del pilone del ponte Himera i cui lavori di ricostruzione dovrebbero completarsi in primavera, è finita di nuovo al centro delle critiche per le condizioni del viadotto Cannatello, nella carreggiata che va verso Catania. L’Anas ha interdetto la viabilità per il rischio crollo. E così i mezzi pesanti da settimane sono costretti a viaggiare su provinciali e statali non all’altezza. Con conseguenze ai limiti del grottesco, come quando il 15 gennaio la Croce rossa è dovuta intervenire di notte per assistere una cinquantina di camionisti rimasti bloccati in provincia di Caltanissetta, dopo che un autoarticolato che trasportava rifiuti è finito fuori strada su una provinciale.

“Stavolta non ci fermeremo davanti a promesse vuote, lo abbiamo già fatto una volta e siamo stati presi in giro”. Il riferimento di Richichi è alla protesta che era stata indetta venti giorni fa, ma che nel giro di poche ore era rientrata dopo che da Roma e Palermo erano arrivate rassicurazioni circa la convocazione di un tavolo tecnico. “Sono passate tre settimane e nessuno ci ha chiamato, non accettiamo di essere derisi da istituzioni che hanno perso il contatto con la realtà”. All’inerzia, dunque, l’intento è quello di rispondere con decisione. “Forse solo se il cibo inizia a scarseggiare e gli automobilisti non trovano carburante, tutti inizieranno a capire che viviamo in un Paese dove il trasporto su gomma è fondamentale”, avverte Richichi.

Nel 2012, un altro momento simile sfociò in un blocco dei porti e delle autostrade. A presidiare gli accessi furono anche gli agricoltori e quanti si riconoscevano nel nascente movimento dei Forconi guidato da Mariano Ferro. Il quale, dopo aver tentato nel 2017 l’elezione all’Ars con una lista autonomista sostenuta dagli uomini dell’ex governatore Raffaele Lombardo, si è già detto pronto a scendere nuovamente in strada. Dire però che la situazione sta per trasformarsi in una protesta più ampia è prematuro. “A noi per ora importa che vengano affrontate le questioni concrete”, tiene a ribadire Richichi.

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