L’articolo di pochi giorni fa sul “cibo in provetta” di George Monbiot ha avuto poca risonanza in Italia. Dove se ne è parlato è stato visto come una sciocchezza, una fantasia, o anche un’invenzione del demonio, una reazione sul tipo di quella dei contadini francesi di qualche secolo fa quando hanno visto le prime mongolfiere in volo. Ma la mia impressione è che Monbiot abbia davvero visto qualcosa di importante che “bolle in pentola” (letteralmente) per il futuro.

Vi riassumo l’idea. Si usa energia rinnovabile, tipicamente fotovoltaica, per spaccare la molecola dell’acqua, ottenendo idrogeno, che poi si fa reagire con il CO2 atmosferico con l’aiuto di batteri, sintetizzando zuccheri, grassi e proteine. Da qui si possono preparare sostanze commestibili. La faccenda è complicata ma i dettagli li potete leggere in un rapporto di “RethinkX”. Monbiot racconta di aver mangiato un pancake (una crespella) fatto con farina sintetica che gli è parso buono come quelli fatti con la normale farina.

Ma cosa c’è di speciale nel preparare una crespella? Beh, il trucco sta nell’efficienza. La fotosintesi biologica ha un’efficienza tipicamente intorno all’1%. Invece, un pannello fotovoltaico ha un’efficienza intorno al 10-20%. Considerate anche che un pannello fotovoltaico non richiede fertilizzanti, pesticidi, spaventapasseri, niente del genere; e funziona anche in un parcheggio del supermercato. Non è che si debba usare per forza energia fotovoltaica, ma è la soluzione più ovvia. Per questo potremmo chiamare questa idea “cibo fotovoltaico.”

Ora, queste cose vanno sempre prese con cautela: una splendida teoria non sopravvive a un solo fatterello contrario, anche se bruttino. Però, se la crespella sintetica assaggiata da George Monbiot mantiene le promesse, siamo davanti a una vera rivoluzione. Fatti i dovuti conti, vuol dire che possiamo produrre cibo sintetico occupando con pannelli fotovoltaici soltanto circa un decimo dello spazio occupato con l’agricoltura, forse anche molto meno di così. E’ una vera rivoluzione creata da una tecnologia spesso sottovalutata, come il fotovoltaico, che però ha delle potenzialità immense.

Facciamo un esempio: immaginate che questo metodo possa produrre mangimi a basso prezzo per l’acquacoltura: vuol dire che potremmo permetterci una moratoria totale della pesca industriale (che ora produce più che altro mangimi). Questo vuol dire ripopolare gli stock ittici distrutti dalla pesca indiscriminata dell’ultimo secolo: potremmo avere di nuovo il mare pieno di pesci e di balene! Per non parlare poi della possibilità di riforestare enormi zone: Amazzonia, Africa e Asia. Fra le altre cose, tutto questo ridurrebbe di parecchio il problema climatico.

Bello, però attenzione. Le nuove tecnologie dovrebbero servire a “risolvere i problemi” ma quello che succede quasi sempre è che ne portano di nuovi. Nel caso del cibo sintetico, se il problema è quello di nutrire quasi 8 miliardi di persone, il rischio è che una produzione di cibo 10 volte più efficiente faccia aumentare la popolazione di un fattore 10. E siamo al problema di prima, anzi, molto peggio con 80 miliardi di persone in giro.

Il problema di fondo è che gli esseri umani sono bravi a inventarsi dei trucchetti tecnologici ma gli manca la capacità di gestire le risorse in modo da farle durare a lungo. E’ quello che chiamiamo “sovrasfruttamento” e, se non risolviamo quello, saremo sempre nei guai per una ragione o per un’altra: sovrasfruttamento del suolo fertile, dei combustibili fossili, della capacità dell’atmosfera di assorbire il CO2, eccetera.

Il cibo sintetico non cambia la natura del problema del sovrasfruttamento, però ci potrebbe dare un periodo di respiro per trovare delle soluzioni durature. Non è affatto detto che dobbiamo continuare a crescere come conigli nel futuro, anzi, negli ultimi decenni abbiamo visto abbassarsi la natalità un po’ dovunque, e in particolare nei paesi ricchi: è la “transizione demografica.” La popolazione umana potrebbe cominciare a diminuire spontaneamente nei prossimi decenni e questo ci dà una speranza di evitare la trappola della crescita a tutti i costi. E quindi ben venga il cibo sintetico se manterrà le promesse di essere rinnovabile, a basso costo e a basso impatto.