Se un giorno dovesse nascere la commissione parlamentare d’inchiesta sull’omicidio del sindaco pescatore Angelo Vassallo, avvenuto il 5 settembre 2010, il lavoro potrebbe iniziare da qui. Dalle carte di vecchie inchieste di droga e di camorra a Caivano su fatti del 2005-2007, dall’arresto di quattro poliziotti che stavano indagando su quel clan, e da un nastro. Una audiocassetta analogica, di vecchio tipo, prima che la tecnologia digitale si impadronisse pure del mercato dei registratori.

Sono gli elementi dell’ultimo giallo sull’assassinio del primo cittadino di Pollica, in provincia di Salerno: i depistaggi che avrebbe compiuto e le presunte coperture di cui avrebbe goduto, per almeno dieci anni, l’unico indagato del delitto, l’ex carabiniere del nucleo investigativo di Castello di Cisterna Lazzaro Cioffi. E’ in carcere dalla primavera 2018 ma per altre ragioni: è accusato, ed è sotto processo, di aver protetto i traffici di droga del clan Fucito al parco Verde di Caivano, ricevendone in cambio molti soldi e auto di lusso.

Un dettagliato esposto anonimo inviato nell’autunno scorso alla redazione delle Iene (e finito parzialmente in onda), e presso lo studio dell’avvocato Antonio Ingroia, difensore di parte civile dei fratelli Vassallo, invita a cercare il movente dell’omicidio Vassallo nella volontà di Fucito e di Cioffi di espandere lo spaccio di droga a Pollica e sul mare cilentano. Quindi Vassallo, il sindaco antidroga che organizzava ronde coi vigili urbani per affrontare personalmente di notte i pusher della cocaina sul porto di Acciaroli, sarebbe stato ucciso perché si oppose a quel disegno. E forse scoprì qualcosa che non avrebbe dovuto scoprire, e non fece in tempo a dirla.

L’anonimo allega documentazione giudiziaria autentica, che porta la data del 2005: le imbarazzanti intercettazioni dei colloqui di Cioffi con gli uomini del clan di Caivano. Uomini che parevano ‘pilotare’ il brigadiere dei carabinieri verso arresti e sequestri ‘mirati’ per colpire altri camorristi rivali. Conversazioni trascritte in un’informativa della Guardia di Finanza che fu trasmessa alla Dda di Napoli. Spunti che rimasero senza esito investigativo per la posizione del carabiniere.

C’è un mistero nel mistero che si è materializzato a fine novembre 2019. Con un paio di arresti che a stento hanno riempito qualche trafiletto sui giornali locali. Il Gip di Napoli Linda D’Ancora ha firmato una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere per il boss di camorra Pasquale Fucito. L’ ‘amico’ di Cioffi, fu arrestato con lui nella stessa operazione, spunteranno pure le foto delle loro cene insieme con le rispettive mogli.

Stavolta la notizia è di poco conto: Fucito è già in galera da tempo. Però spulciando le 61 pagine dell’ordinanza ci si accorge che gli indagati sono ben 24, ci sono accuse di traffico di stupefacenti nel parco Verde di Caivano. Ma i fatti risalgono addirittura al 2007 e al 2008. Tanto che il Gip nega le misure cautelari per la stragrande maggioranza degli altri presunti spacciatori sul presupposto che è trascorso troppo tempo, non c’è attualità delle condotte e non ci sono prove che gli indagati stiano continuando a fare quel che facevano allora. Come si dice in gergo legale, “non c’è il pericolo di reiterazione del reato”.

Dieci anni per concludere un’inchiesta di droga sono oggettivamente troppi. Dieci anni pongono degli interrogativi. E riaprono il mistero in questione, processualmente chiuso con sentenze definitive di condanna a sei anni per corruzione e di rimozione dalla polizia. È il mistero intorno ai vecchi arresti dei quattro poliziotti del commissariato di Afragola che proprio nel 2007 stavano indagando sul clan Fucito-Ciccarelli, e che diedero il via alle indagini chiuse pochi mesi fa.

I quattro poliziotti, che tuttora si professano innocenti e stanno tentando di riaprire il caso, vennero arrestati in quegli anni sulla base delle confidenze di un tossicodipendente, un informatore delle divise. Un uomo che viveva di espedienti e che ad un certo punto, in circostanze non chiarissime, si autodenuncerà a Cioffi e poi consegnerà la cassetta di alcune registrazioni effettuate di nascosto. Un nastro dal quale sarebbe emersa l’attività criminale dei poliziotti poi arrestati e condannati per le loro continue richieste di denaro.

L’informatore è un parente dello spacciatore che dalle intercettazioni della Guardia di Finanza del 2005 e dal rapporto inviato in Procura pareva vantare una consolidata conoscenza con Cioffi. L’ ‘anonimo’ che collega Cioffi alla droga di Acciaroli racconta anche questa storia nell’esposto. Prima che avvenga l’ultimo arresto di Fucito. È un esposto preciso, dettagliato. Sa fatti e circostanze noti solo agli addetti ai lavori. Abbiamo fatto leggere il suo scritto a fonti qualificate. Ci hanno confermato la sostanziale veridicità e credibilità del contenuto.

L’anonimo però accusa Cioffi di aver manipolato il tossico per incastrare i poliziotti di Afragola che stavano colpendo il clan dei suoi amici e confidenti. Su questo non sono state trovate prove. L’argomento è stato sollevato anche nel processo finito con la condanna degli agenti e non è stato accolto. Nonostante un perito della difesa abbia provato a dimostrare che la cassetta fosse stata truccata: ci sarebbero pezzi di audio in digitale e altri pezzi in analogico.

“I poliziotti stavano arrivando a degli arresti – scrive l’anonimo – che poi non avverranno più”. Mai più. Infatti dieci anni (e più) dopo non saranno mai eseguiti. Un ‘buco’ temporale che avrebbe protetto i traffici del carabiniere infedele. Forse proseguiti con la figlia, Ilaria Cioffi, arrestata il 30 dicembre scorso in centro a Maddaloni e poi messa ai domiciliari dopo che da una perquisizione della sua auto sono spuntate 69 palline di cocaina preparate per essere vendute durante qualche festino di Capodanno.