Cultura

Lo Scaffale dei Libri, la nostra rubrica settimanale: diamo i voti da Virginia Woolf a Claudio Magris (spoiler: puntata animalesca).

di Davide Turrini

Trattateli bene quei poveri bistrattati gabbiani. Perché se tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri, ecco questi non sono di certo i gabbiani. Storia di Gali Gali (Bompiani) è una favola scritta con incantevole maestria da Claudio Magris e illustrata dalle crepuscolari e struggenti tavole di Alessandro Sanna. Non c’è un vero e proprio capo da cui il racconto di un mahatma come Magris prende il largo. Siamo nell’altroquando di un ventoso medias res. Adriatico quarnarino, l’evocazione di un confine labile, di una terra sorvolata e sfiorata, osservata dal cielo, vissuta dal gabbiano bianco Gali Gali, un uccello che ha saputo trovare uno spazio, del cibo, la compagnia di un cane, tra gli uomini. Uguali tra diversi. Anche se con i gabbiani grigi, quelli sporchi e puzzolenti, quelli meno regali, quelli meno uguali degli uguali, non scorre buon sangue. Fino a quando Gali Gali, il nome che non sa di avere e che gli verrà dato un giorno, forse, chissà, travolto da una tempesta, finisce tra le rocce ad asciugarsi le piume con una gabbiana grigia che non pare più essere putrida e inavvicinabile come tutta la genia dei grigi. Non raccontiamo il finale, perché la favola diventa racconto troppo realisticamente e crudelmente umano, ma la rarefatta tensione di questo breve racconto (una quarantina di pagine), e la sua calda, essenziale e matura scrittura, lo elevano ad apologo di superiore grazia e splendore. Le illustrazioni a pastello di Sanna (New Yorker e abbiamo detto tutto) sono semplicemente la naturale giuntura tra l’evocazione di un accadimento e l’altro, di una immaginazione delicata e profonda su carta compenetrante e organica rispetto al resto. Voto: 8

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