Secondo la Marina Militare il rischio di contaminazione da amianto per gli equipaggi imbarcati sulle navi sarebbe cessato al 31 dicembre 1995, la bellezza di 24 anni fa. La legge che ha messo al bando il minerale, causa prima del terribile mesotelioma che non lascia scampo, risale al 1992. C’è voluto questo lungo lasso di tempo, ci sono volute migliaia di morti sospette tra i marinai, ma alla fine anche lo Stato prende atto – dopo averlo tenuto a lungo nascosto – che le navi sono ancora imbottite di amianto, al punto da richiedere una bonifica massiccia. Con un costo di 54 milioni di euro fin al 2030, per intervenire su 136 navi ancora in servizio che contengono l’amianto nei punti più disparati, dagli impianti elettrici alle caldaie, dai dormitori alle infermerie, dalle sale mensa ai magazzini.

Il merito di questo viraggio legislativo è del gruppo parlamentare dei Cinquestelle, che ha spinto per inserire nella legge di Bilancio appena entrata in vigore un emendamento che stanzia 12 milioni di euro per attrezzare i primi cantieri nei prossimi tre anni. Ma la spesa nel decennio è di molto superiore. Finora esisteva una norma (legge 221 del 2015) che istituiva presso il Ministero dell’ambiente il “Fondo per la progettazione degli interventi di bonifica di beni contaminati da amianto”, per promuovere la realizzazione di interventi di bonifica negli edifici pubblici. Il fondo aveva una dotazione finanziaria iniziale di 5,53 milioni di euro per il 2016 e di 6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018. In pratica prevedeva un credito d’imposta per interventi, ma solo su strutture private.

La Marina Militare era invece rimasta al di fuori di qualsiasi finanziamento. In realtà, nel più assoluto segreto, erano stati banditi lavori per bonifiche sporadiche sulle navi, ma senza che il governo avesse mai confermato al Parlamento l’esistenza di un piano. Adesso, grazie all’emendamento dei Cinquestelle, gli interventi vengono estesi alle navi militari. Infatti, il Fondo è stato incrementato di 4 milioni di euro annui per il prossimo triennio. Spetta ora al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, definire con decreto le priorità di intervento per le unità navali da bonificare nei limiti degli stanziamenti addizionali previsti. E quindi ci sarà un documento ufficiale che certificherà lo stato dei bisogni e quindi anche dei rischi per gli equipaggi, che i ministri della Difesa hanno sempre negato, nonostante i processi penali istruiti a Padova.

Interessante quello che emerge dalla relazione tecnica allegata agli emendamenti. La Marina Militare ammette – dopo decenni di silenzi imbarazzati e di parziali ammissioni – che le esigenze per le bonifiche da amianto delle unità navali e dei mezzi minori e imbarcati per il decennio 2020-2030 ammontano a circa 54 milioni di euro. Nel dettaglio, i mezzi navali militari da sottoporre a bonifica da amianto sono 136. Di questi, 45 sono dislocati nella sede di Taranto, 60 in quella di La Spezia e 31 nella sede di Augusta, in provincia di Siracusa. Il costo medio di bonifica è pari a 400mila euro per unità. Si tratta, comunque, di una media aritmetica, perché nella realtà per le unità navali maggiori il costo è di circa un milione di euro. I primi 12 milioni di euro stanziati nel triennio 2020-2022 saranno impiegati per avviare il processo di bonifica di circa 30 unità navali. Quindi ne rimarranno in servizio almeno un centinaio con l’amianto a bordo. Il processo è stato comunque avviato dal governo.

Questa la nota diffusa dal Movimento Cinquestelle: “Siamo orgogliosi per aver ottenuto lo stanziamento, grazie a un nostro emendamento. Dopo decenni di silenzi ed omissioni istituzionali sul grave problema dell’amianto a bordo delle nostre navi militari, un tema sul quale il Movimento 5 Stelle si batte da sempre, finalmente questo governo compie un atto concreto a tutela del personale militare imbarcato”.

I numeri indicati nella relazione tecnica sono importanti, perché nel 2012 il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, ammiraglio, aveva per la prima volta ammesso in Parlamento che l’amianto non era stato rimosso dalle navi vent’anni dopo la legge che lo aveva messo al bando. “L’attività finora svolta – disse rispondendo a un’interrogazione della radicale Maria Antonietta Farina Coscioni – ha permesso di bonificare completamente il 20 per cento e, parzialmente, il 44 per cento delle 155 unità con presenza di materiali contenenti amianto…”. Il risultato era agghiacciante: l’80 per cento delle navi (124 unità) conteneva ancora amianto e su 56 di esse non era mai stata posta mano. In sette anni il dato fornito dalla Marina è addirittura peggiorato, perché attualmente sono 136 le navi che richiedono la bonifica.

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