La trattativa tra i commissari straordinari di Ilva, il negoziatore Francesco Caio e ArcelorMittal è “in fase di stallo”. E se entro giovedì sera non verrà trovato un accordo, venerdì mattina quando le parti si presenteranno davanti al giudice civile di Milano, Claudio Marangoni, i legali della multinazionale dell’acciaio chiederanno di discutere il ricorso cautelare d’urgenza ex articolo 700 che i commissari avevano presentato dopo l’annuncio dei franco-indiani di voler restituire gli impianti italiani. Di tutt’altro tenore le dichiarazioni che arrivano da fonti vicine all’amministrazione straordinaria, che sarebbe orientata a chiedere un rinvio quantomeno a dopo l’esito del ricorso al Riesame di Taranto, fissato per il 30 dicembre, sullo spegnimento dell’altoforno 2. In ogni caso sarà il giudice a dover decidere se rinviare il procedimento e a quale data.

Di certo, come anticipato da Ilfattoquotidiano.it nella giornata di mercoledì, all’accordo di massima – sulla base del quale poi bisognerà instaurare la trattativa vera e propria – manca la definizione dell’entità, della misura e della modalità degli interventi degli eventuali soggetti pubblici e privati italiani che potrebbero entrare nell’operazione. E nella memoria depositata a due giorni dall’udienza ArcelorMittal è tornata a ribadire di avere una visione totalmente opposta rispetto a Ilva in amministrazione straordinaria sulle ragioni dell’addio e a porre l’immunità penale come “condizione necessaria” per restare. Secondo la multinazionale, da quando il contratto d’affitto è stato firmato la situazione è “mutata per condotte altalenanti di governo e commissari”.

Secondo la ricostruzione fatta dai commissari straordinari nel ricorso d’urgenza, quanto è mutato lo scenario di mercato e sono sorte difficoltà nella gestione, ammesse anche da alcuni dirigenti di ArcelorMittal ascoltati dai pm di Milano nell’ambito dell’inchiesta aperta nelle scorse settimane, la multinazionale avrebbe deciso di fuggire e ritirarsi dall’investimento. Una tesi che ArcelorMittal respinge in maniera ferma: “Non è affatto vero che ArcelorMittal stia cercando un alibi per eludere i propri impegni contrattuali dopo averne compiuto una diversa valutazione per ragioni di convenienza economica”, si legge nella memoria di 57 pagine.

“In questa sede – hanno scritto al giudice – le resistenti non replicheranno alle numerose frasi iperboliche, enfatiche e sarcastiche utilizzate dalle ricorrenti anche per attribuire una dimensione di estrema gravità politico-istituzionale a una controversia che, seppur molto importante, ha natura contrattuale e deve essere risolta un base alle applicabili norme del nostro ordinamento”. Se è “vero” il “rilievo strategico” attribuito a uno stabilimento industriale “non può essere strumentalizzato per costringere un investitore (come ArcelorMittal) ad accettare evidenti violazioni degli impegni contrattuali” e lo “stravolgimento del contesto (anche normativo) in cui sono stati assunti, imponendogli di continuare a svolgere l’attività produttiva come se nulla fosse e di accettare assurdamente il rischio di responsabilità penali” che “erano state escluse al momento e proprio in funzione del suo investimento”, conclude ArcelorMittal.

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