Siamo arrivati alla dirittura d’arrivo delle elezioni nel Regno Unito, i sondaggi, per quello che valgono, danno i conservatori in testa ed infatti la sterlina è salita ed i mercati finanziari si sono concessi una modesta euforia. Sembra assurdo dal momento che una vittoria di Johnson porterebbe all’uscita della nazione dall’Unione Europea ed all’incubo della negoziazione e stesura di nuovo trattati con i paese membri dell’Unione e con il resto del mondo. Tutto ciò, bisogna aggiungere, deve essere fatto nel giro di 11 mesi, entro la fine del 2020. Un’impresa impossibile. Ma tutto ciò avverrà nel corso del 2020, nel lungo periodo quindi, ed i mercati sono estremamente miopi, guardano solo all’immediato.

E’ bene però domandarsi perché Johnson oggi piace ai mercati mentre mesi fa non era poi così gradito, e la risposta è facile, l’alternativa, cioè Jeremy Corbyn, è ben peggiore. Labour ha un programma socialista che propone, tra le altre cose, di nazionalizzare le ferrovie, le poste, l’industria idrica ed energetica. In parte i costi verranno coperti con un aumento del debito pubblico, bene per i guilts dunque, ma anche da una maggiore tassazione. In prima fila ci sono le multinazionali e gli evasori fiscali che verranno duramente penalizzati per non pagare quanto dovuto. Imposte ad hoc vorranno anche applicate ad una serie di industrie, quella del petrolio, ad esempio, pagherà di più ed i proventi verranno devoluti alla lotta contro i cambiamenti climatici. Imprese che sfruttano i dipendenti saranno punite con imposte maggiorate, tra queste Labour ha già individuato Amazon, Uber e Sport Direct. Infine il gruppo BT, la British Telecom, si vedrà nazionalizzare la banda larga che Labour vuole offrire gratis alla nazione.

Passando al settore finanziario nel mirino di Corbyn ci sono le banche. Labour ridurrà il loro potere ed il meccanismo attraverso il quale redistribuiscono la ricchezza, a favore dei ricchi sostengono i laburisti. In che modo? Aumenterà l’imposta sulle transazioni finanziarie, i bonus dei banchieri verranno limitati e le imprese quotate in borsa che non si adoperano abbastanza per contenere i cambiamenti climatici saranno radiate dagli indici. Infine Corbyn vorrebbe spostare parte del Tesoro nel nord dell’Inghilterra e parte della Bank of England, la banca centrale, a Birmingham, nelle Midlands.

Un programma ambizioso, innovativo, che l’occidente non vedeva da trent’anni e che molti economisti pensano potrebbe funzionare per rimettere in moto il paese. Un programma però che visto attraverso le lenti della finanza fa davvero paura. Sancirebbe la fine del neo liberismo, girerebbe pagina nella storia economica.

Tutto ciò potrebbe non succedere perché Corbyn, come Hillary Clinton negli Stati Uniti, polarizza l’elettorato, la gente lo ama o lo detesta a pelle e questo rende difficile una valutazione razionale delle sue politiche. Un altro leader molto probabilmente otterrebbe migliori risultati ma i laburisti non ce l’hanno. Non è però detto che Corbyn per governare abbia bisogno di una maggioranza assoluta in parlamento, potrebbe governare con una coalizione. Un governo di minoranza laburista, a detta di diversi esperti, potrebbe nel lungo periodo essere la migliore delle opzione perché i piccoli partiti, l’SNP (Scottish national party) ed i Liberal democrats, al suo interno frenerebbero le riforme più marxiste del governo.

Un governo di minoranza conservatore, invece, rinvigorirebbe i mercati nel breve periodo ma nel lungo, se fallisse nell’ottenere entro la fine dell’anno i trattati necessari farebbe precipitare il paese nell’incertezza della Brexit degli ultimi tre anni. Non ci rimane che aspettare giovedì sera per sapere quale nuovo scenario si aprirà per il travagliato Regno di sua maestà.

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