Dispositivi elettronici con i file d’indagine su Matteo Messina Denaro, scomparsi dall’ufficio di uno dei più importanti pm Antimafia. Si tratta di “un computer portatile da 10 pollici” e “due pendrive da 1 giga ciascuna”, in cui erano memorizzate informative, interrogatori di collaboratori di giustizia e verbali “coperti da segreto istruttorio e attuale”, scomparsi dalla stanza del magistrato Teresa Principato, all’epoca a capo del pool che dava la caccia al latitante di Castelvetrano. L’episodio risale al 2015, ma emerge soltanto adesso, a margine del processo d’Appello in cui il pm Antimafia è stata assolta dall’accusa di aver rivelato un’indagine all’appuntato della Guardia di Finanza, Calogero Pulici, applicato alla sua segreteria. “Indagine di cui era già a conoscenza, gliela riferì il suo comandante dell’epoca”, hanno sostenuto i legali della Principato dinanzi ai giudici nisseni. E fu Pulici a denunciare la scomparsa dei dispositivi con i verbali top secret, quando tornò in ufficio dopo un breve periodo di allontanamento dalla Procura, in seguito a una denuncia per molestie alla moglie di un collega, poi finita in archiviazione.

“Preciso che ho saputo dell’accaduto al rientro della mia licenza fruita da agosto al 2 settembre”, scrisse il finanziere in un’istanza di servizio inviata il 4 dicembre al Comando Provinciale della Guardia di Finanza. “In data 2 o 3 settembre” gli venne comunicato da un collega dell’ordine del suo diretto comandante, colonnello Francesco Mazzotta, “di non recarmi per nessun motivo presso l’ufficio della dottoressa Principato ed anzi presso gli uffici della Procura piu in generale. Ottemperando all’ordine ricevuto non mi sono mai recato presso gli uffici della Procura, anche a seguito di richieste della dottoressa. Dopo numerose e reiterate richieste per venire in possesso dei miei effetti personali e del computer della Procura nel quale erano custiditi file di lavoro e anche miei personali, qualche giorno fa mi veniva consegnato l’hard disk smontato e privo di password dal signor Petruzzella a cui numerosissime volte mi ero rivolto”.

Nello specifico chiedeva di recuperare anche “un computer portatile di 10 pollici di mia proprietà ed esclusivamente usato per svolgere attività istruttorie come copia di backup dei file ove sono contenuti tutti gli interrogatori effettuati da me e dalla dottoressa Principato a numerosissimi collaboratori di giustizia tra cui Tuzzolino Giuseppe, e di n.2 pendrive da 1 gb ciascuna contenenti una i file riguardanti tutte le indagini su Messina Denaro ed una contenente tutte le indagini effettuate in Italia ed all’estero sulle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia nonchè di altri miei effetti personali e di servizio utilizzati per trasferire i file tra i pc dell’ufficio (il mio e quello della Principato)”. Così il 10 dicembre venne autorizzato con una missiva firmata dall’allora comandante provinciale Giancarlo Trotta e il giorno seguente si presentò in Procura.

“Alla presenza dell’assistente di nome Rita, che per adesso collabora con la dottoressa (Principato ndr) abbiamo prelevato la scatola contenente il pc che era custodita nella libreria e dopo averla aperta ci siamo resi conto che il pc non era più conservato all’interno”, si legge in una relazione di servizio firmata l’11 dicembre da Pulici. “Dal portapenne era stato asportato un mazzo di chiavi legate con un anello metallico al quale erano ancorate anche le pendrive nelle quali erano riversati i file dal computer della dottoressa”, aggiunse nella relazione inviata al comandante provinciale. “Avvisata la dottoressa (Principato ndr) del mancato ritrovamento di quanto sopra esposto e su suo consiglio veniva contattato il signor Francesco Petruzzella, responsabile del settore informatico della Procura” per capire se avesse prelevato pc e pendrive, “ricevendone risposta negativa”.

Sull’episodio la Procura aprì un fascicolo, archiviato senza ascoltare nè il finanziere nè l’aggiunto Teresa Principato. Inoltre in quei mesi Pulici finì indagato anche per peculato (per essersi appropriato di un pc vecchio modello, poi donato a un’oratorio: processo in corso) e nel maggio 2016 subì alcune perquisizioni durante le quali furono sequestrate pendrive, hard disk, tablet, smartphone e un computer vecchio modello. Tra queste – secondo la Finanza – si nascondevano quelle di cui Pulici denunciava la scomparsa ma nonostante le pendrive non furono identificate, tra gli oggetti sequestrati non c’era alcun portatile da 10 pollici e per questo secondo la Procura di Palermo “si tratta di altri dispostivi” rispetto a quelli scomparsi dall’ufficio del pm Principato. Quindi, che fine hanno fatto i dispositivi con i documenti top secret dell’indagine su Messina Denaro?

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