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Genitori e lavoro, lo studio: “Un terzo di chi si licenzia lo fa per l’incompatibilità con la cura dei figli”

L'analisi dell'Unione europea delle cooperative sui dati dell'ispettorato del lavoro: il 27% dei genitori che rinunciano alla professione lo fa per l'assenza si una rete di supporto o per l'incidenza dei costi
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Più di un genitore su tre (il 36%) che si licenzia dal posto di lavoro lo fa per incompatibilità fra i propri impegni di lavoro e le esigenze di cura dei figli. E’ il dato più significativo che emerge da un’analisi dell’Unione europea delle cooperative (Uecoop) sui dati dell’Ispettorato del lavoro. I ritmi quotidiani, gli impegni, la mancanza di tempo extra lavorativo e l’incertezza sul futuro stanno allargando l’area dei bisogni delle famiglie – spiega Uecoop – con oltre 49mila papà e mamme che nel 2018 hanno deciso di dare le dimissioni per l’assenza di parenti di supporto (27%) per l’elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato fra asilo nido e baby sitter (7%) o per il mancato accoglimento dei figli al nido (2%).

L’assenza di sostegni personali o pubblici sempre più spesso porta il welfare privato a integrare quello pubblico grazie ad accordi aziendali nei quali ai primi 4 posti dei servizi più richiesti si trovano proprio quelli che riguardano la scuola e l’istruzione dei figli (79%), la salute (78%), l’assistenza (78%) e la previdenza (77%). I servizi legati all’infanzia hanno un ruolo strategico soprattutto con genitori che lavorano, visto che negli asili nido italiani c’è posto solo per 1 bambino su 4, il 24% di quelli fino a tre anni d’età contro il parametro del 33% fissato dalla Ue per poter conciliare vita familiare e professionale. Per rispondere a questa domanda di assistenza – sostiene una nota Uecoop – sono sempre più diffusi asili aziendali per i figli dei dipendenti oppure iniziative di mini nido con “tate” che seguono piccoli gruppi di bambini in grandi appartamenti attrezzati.

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