“Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. È come offrire un caffè al resto del mondo…”. Così raccontava l’usanza del caffè sospeso lo scrittore Luciano De Crescenzo, scomparso lo scorso luglio. Sulla scia della tradizione partenopea, nata per far sì che chiunque potesse gustarsi una tazzulella, c’è un’altra città italiana in cui si sta diffondendo la pratica del ‘sospeso’, ovvero di lasciare pagato qualcosa per chi non può permetterselo. È Bologna, dove l’idea originaria si è propagata fino a toccare il cibo, gli spettacoli teatrali e le partite di basket. E non sembra fermarsi qui.

A promuovere una serie di iniziative legate al ‘sospeso’ è stato Roberto Morgantini, fondatore – nel 2015 – delle Cucine Popolari, qualcosa che sotto le Due Torri ormai è molto più di una mensa per i poveri. “Ero affascinato dall’idea che si potesse aiutare qualcuno che non si conosce”, spiega l’ex sindacalista, vicepresidente dell’associazione Piazza Grande e molto attivo nel sociale.

Così, in collaborazione con il Comune e con gli esercenti che hanno aderito alla proposta, nel capoluogo emiliano sono sbarcati prima il caffè, poi la pizza, il panino e i pranzi al ristorante. Tutti ‘sospesi’, offerti cioè da donazioni volontarie a favore dei più bisognosi. Fino al ‘biglietto sospeso’ per due teatri – l’Arena del Sole e il Teatro comunale – e per vedere la Fortitudo, tornata in Serie A.

A sposare l’iniziativa di donare una manciata di biglietti a ogni partita casalinga della Effe è stato il cuore del tifo biancoblù, la Fossa dei Leoni, storico gruppo ultras che nel 2020 festeggerà i 50 anni di attività. Sono gli stessi ragazzi della curva, in accordo con Fortitudo per il sociale, a mettere a disposizione l’ingresso gratuito al PalaDozza, tempio del basket italiano dove il tutto esaurito è la regola. Ma la trattative sono in dirittura d’arrivo anche con la Virtus – l’altra squadra della città, prima in classifica nella massima serie – e con il Bologna calcio.

“Avere la pancia piena non basta, per sentirsi vivi bisogna condividere emozioni, appartenenze e non stare da soli”, spiega Morgantini, che spera di vedere crescere iniziative simili: il prossimo traguardo è il ‘libro sospeso’, pensato in accordo con alcune librerie cittadine. I beneficiari della generosità altrui per ora sono le centinaia di ospiti delle Cucine Popolari di via del Battiferro – italiani, stranieri e famiglie intere -, ma in alcune occasioni la platea è allargata anche a quelli di Piazza Grande e Caritas. “Oggi ritrovarsi in strada non è un percorso lungo, diventare poveri è molto più facile di una volta”, continua Morgantini, piemontese di origine ma bolognese d’adozione (“Da quando avevo 18 anni”).

Progetti come le tre trattorie popolari – che a breve diventeranno sei -, dove oltre a consumare i pasti si creano relazioni sociali, servono a “rendere visibili gli invisibili”: questo è lo spirito che caratterizza le Cucine, nate come regalo di nozze per il matrimonio dell’ideatore con la compagna Elvira (“La risposta è stata esplosiva, abbiamo raccolto 70mila euro”). Da lì, un crescendo di attività, ‘benedette’ dalla visita di ospiti illustri, dal sindaco Virginio Merola al governatore Stefano Bonaccini, passando per il vescovo Matteo Zuppi – ora cardinale – e l’ex premier Paolo Gentiloni. A donare sono in tanti, come i Metallica, gruppo heavy metal che alle Cucine ha regalato 30mila euro, così come tanti sono i volontari che si danno da fare ai fornelli e a servire. “Viene fuori il volto di una città come Bologna, che non ha perso lo spirito solidale di chi accoglie – conclude Morgantini -. Bisogna fare di più ma questa è la strada giusta per sconfiggere l’egoismo e chi vuole insegnare a odiare gli altri”.

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