Il veto della Francia blocca l’avvio dei negoziati d’adesione all’Ue di Albania e Macedonia del Nord, mettendo in dubbio l’intero processo di allargamento europeo. Il vertice europeo tenutosi giovedì sera e proseguito nella notte non ha dato il via libera alla raccomandazione formulata dalla Commissione riguardo all’annessione dei due Paesi Balcanici a causa del confronto in atto tra i Paesi contrari e quelli favorevoli, una larga maggioranza tra cui l’Italia. A frenare, oltre alla Francia, sono anche i Paesi Bassi e la Danimarca, questi due contrari però solo all’Albania. I lavori del Consiglio europeo sono ripresi questa mattina ma il primo ministro olandese Mark Rutte ha fatto sapere che i negoziati al momento sono in stallo. I leader europei torneranno sulla questione dell’allargamento ai Balcani occidentali a maggio 2020 – Si legge nelle conclusioni del Consiglio Ue – in occasione del vertice Ue a Zagabria con i rappresentanti politici della regione.

“È andata male, non era necessario aprire, sarebbe bastato avviare la procedura. È stato un errore storico“, ha commentato il premier Giuseppe Conte dicendosi “molto vicino all’Albania e alla Macedonia del Nord”. “Questo era un appuntamento con la storia. È da una vita che quei Paesi vogliono entrare in Europa – ha proseguito – ieri sarà ricordato per un errore storico. Ho cercato di convincere che l’aspirazione di quelle comunità è una grande forza. Dovevamo aprire, non si trattava di decidere se farle aderire o meno ma di avviare i negoziati. Sono molto dispiaciuto e vicino alla comunità albanese e a quella della Macedonia del Nord. Hanno fatto grandissimi sforzi. Spero che la delusione e l’angoscia non li precipiti nel più grosso sconforto. L’Italia ci sarà, gli starà vicino e li difenderà”, ha concluso Conte.

Ursula Von der Leyen professa ancora ottimismo: nei confronti di Nord Macedonia e Albania, ha detto la presidente eletta della Commissione Europea, “c’è un atteggiamento molto positivo, per riconoscere gli sforzi che hanno fatto per allinearsi con l’Ue. Questi Paesi hanno fatto progressi straordinari e hanno dimostrato la loro determinazione: per noi contano ed è importante per noi dar loro una prospettiva comune“.

I ripetuti appelli della Commissione e del Parlamento Ue e i messaggi da Tirana e Skopje non sembrano infatti aver sortito alcun effetto sul presidente francese, che tiene il punto e continua a chiedere di riformare prima l’intera macchina decisionale Ue per dare all’allargamento maggiore credibilità. Solo allora le porte dell’Europa potranno aprirsi a nuovi Paesi. Una posizione che cela la necessità di Macron di tenere a freno le forze populiste interne.

L’ultima carta sul tavolo per far cambiare idea al presidente francese l’ha messa la Finlandia, che detiene la presidenza di turno dell’Ue, con il cosiddetto ‘decoupling‘, la separazione dei destini di Albania e Macedonia del Nord. Sacrificare Tirana e salvare Skopje nel tentativo ultimo di non destabilizzare la regione. Se i leader Ue non daranno il via libera ai negoziati “il nostro governo sarà morto”, ha ammonito il premier macedone Zoran Zaev. Il quale, secondo fonti diplomatiche europee, ha lasciato l’incarico.

L’opzione di dividere i destini dei due Paesi non sembra però trovare il favore di Parigi, e anche di alcuni Stati come l’Italia, che vorrebbero una via libera per entrambi. La battuta d’arresto non sarebbe compresa dai cittadini albanesi e macedoni, ha avvertito il presidente del Parlamento Ue, David Sassoli. In caso di un altro rinvio – sarebbe il terzo in due anni – toccherà alla nuova Commissione Ue tenere vive le speranze dei Balcani, con la presidente eletta Ursula von der Leyen che si dice “fermamente convinta” che Albania e Macedonia del Nord “abbiano fatto enormi sforzi per avvicinarsi agli standard europei e meritino un segnale positivo”.

al termine della prima giornata di lavori del Consiglio Ue, il portavoce del presidente Donald Tusk, Preben Aamann, ha fatto sapere che sono state invece “adottate decisioni sulla Turchia“: tra i temi all’ordine del giorno del vertice c’è infatti anche la situazione in Siria dopo l’intervento della Turchia e la tregua annunciata giovedì da Erdogan.

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