di Andreina Fidanza

Sono una donna di 44 anni, sopravvissuta a un tumore (rabdomiosarcoma), madre di due gemelli (entrambi autistici), disoccupata da più di dieci anni e con una prospettiva di vita e futuro che si lega per filosofia alle scritture greche di Nietzsche prima e di Karl Theodor Jaspers poi; nel mio piccolo ho avuto il coraggio di guardare in faccia la paura, il dolore e le atrocità dell’esistenza, senza lenirli con la speranza a tutti i costi.

Faccio parte, per questioni prettamente generazionali, di quel bacino di donne chiamate in causa per l’attuale tasso di natalità del nostro Paese, ritenuto, numeri alla mano, tra i più bassi al mondo. Dal precedente governo giallo-verde al più recente Conte 2 le politiche atte a incentivare chi desidera mettere su famiglia o ad ampliare quella già esistente hanno toccato molteplici tematiche: dal modello francese più volte sponsorizzato da Luigi Di Maio (i Centri francesi per l’assegnazione degli aiuti alle famiglie hanno distribuito in un anno 73,2 miliardi di euro a 12,6 milioni di nuclei per un totale di 31,6 milioni di beneficiari – dati 2017) alle promesse di asili nido gratis per famiglie con reddito basso durante il discorso alla Camera nel giorno del voto di fiducia da parte di Giuseppe Conte. Tutte misure condivisibili ma che non tengono conto delle reali problematiche che hanno causato il rallentamento delle nascite nel nostro Paese.

L’esperienza personale, oltre a quella condivisa con altre mamme, mi porta a fare alcune considerazioni. Dalla Sanità all’Istruzione passando per il Lavoro, l’ultimo decennio, quello che insieme al mio compagno ho attraversato per la crescita dei nostri figli, mi ha messo di fronte a realtà con cui mi sono dovuta confrontare e che nella maggioranza dei casi mi hanno visto uscire sconfitta. Una burocrazia senza via d’uscita, mancanza di personale medico specializzato, pressappochismo riversato sulle tempistiche di diagnosi e sulle conseguenti cure terapeutiche, assenza (quasi) totale di personale di sostegno da affiancare agli alunni, ritardi continui nell’assegnazione dei docenti, lacune relative alle strutture scolastiche. Questi alcuni dei temi che tendono a rallentare i vari percorsi di recupero a cui sono sottoposti i soggetti affetti da una condizione di disabilità. Ma soprattutto aspetti, e questo a prescindere dall’avere o meno un soggetto disabile, che provocano in ogni singola famiglia continui disagi, attese che spesso sfociano nel mare delle non risposte, ingiustizie sociali che posizionano il futuro su di un binario morto.

A questo, come nel mio caso ma anche in quelli di altre famiglie, si aggiunge inevitabilmente la problematica legata al lavoro, quello che secondo i principi fondamentali della Costituzione dovrebbe essere riconosciuto a tutti i cittadini, potendo questo rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale. Un lavoro che possa soprattutto garantire a ogni genitore, a ogni famiglia, la sicurezza (non la speranza) di un domani dove poter far crescere i propri figli. Senza paure, dubbi, incertezze.

Se nel futuro prossimo non verranno messi al centro della politica i temi riguardanti la Sanità, l’Istruzione e il Lavoro, non ci potranno essere incentivi, qualsiasi essi siano, che possano spingere una coppia a fare figli, facendo definitivamente cambiare passo al tasso di natalità di questo Paese.

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