Ha “dato lavoro” per almeno un anno a tre migranti ospiti di un vicino centro d’accoglienza, pagandoli dai 150 ai 200 euro al mese per oltre 10 ore di lavoro giornaliere nei boschi, in presenza di qualsiasi condizione meteo e facendogli maneggiare – senza alcuna precauzione – strumenti pericolosi come motoseghe e asce. Un imprenditore 60enne è finito in manette questa mattina in provincia di Viterbo per sfruttamento del lavoro con l’aggravante del caporalato. L’operazione, coordinata dalla compagnia dei Carabinieri di Montefiascone sotto la guida del capitano Antonio Zangla, è stata eseguita dai militari della stazione di San Lorenzo Nuovo.

L’uomo è il titolare di una falegnameria attiva nel vicino comune di Acquapendente. La ditta si procurava il legno dai boschi dell’alta Tuscia e per farlo aveva bisogno di una manodopera giornaliera che l’imprenditore aveva individuato in alcuni ragazzi, fra i 20 e i 30 anni, ospiti in un centro d’accoglienza situato poco lontano dalla sede della società. In tre si erano guadagnati la “fiducia” del titolare, costretti anche dal “loro stato di estremo bisogno” come accertato anche dai pm di Viterbo, Paolo Auriemma e Massimiliano Siddi. “Gli operai sfruttati, durante le investigazioni hanno palesato le loro difficoltà di vera e propria sopravvivenza e di sostentamento famigliare”.

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