Il giudice di Milano Amina Simonetti ha accolto la richiesta di Vivendi di poter partecipare con il suo 9,9% ed esprimere il suo diritto di voto all’assemblea di Mediaset prevista mercoledì prossimo. L’ordinanza è stata emessa oggi, ma ha ribadito anche la “nullità dell’acquisto della partecipazione del 19,8% di Mediaset in capo a Simon Fiduciaria“. Nell’assemblea andrà al voto il progetto Media For Europe (MFE), la cassaforte che il consiglio di Mediaset vorrebbe creare per aggregare tutti gli asset del Biscione e traslocare in Olanda. Vivendi ha annunciato il suo voto contrario, mentre il Biscione ha espresso “soddisfazione” per la decisione del Tribunale di escludere Simon. “Ne consegue – sottolineano infatti da Mediaset – l’esplicito divieto a Simon Fiduciaria a partecipare all’assemblea Mediaset del 4 settembre”. Dunque, “la società francese potrà partecipare e votare soltanto ed unicamente per la quota del 9,9% in capo direttamente a Vivendi”. Il suo no, di conseguenza, sarà ininfluente.

Nel dettaglio, Vivendi, che detiene il 28,2% di Mediaset di cui il 19,9% attraverso la Simons fiduciaria, ritiene che il progetto MFE giochi contro i piccoli soci. Il motivo? Per i francesi “i diritti di voto degli azionisti di minoranza, in particolare di Vivendi, sarebbero indebitamente pregiudicati nel quadro dello statuto proposto da MFE”, come spiegava una nota del gruppo controllato dalla famiglia Bolloré. Nell’ultima assise del 18 aprile, il consiglio di Mediaset aveva estromesso Vivendi dal voto. Di qui la decisione dei francesi di presentare un ricorso d’urgenza in Tribunale per garantirsi la possibilità di esprimersi nell’assemblea del 4 settembre. “Se Mediaset dovesse impedire a Simon di votare, l’assemblea sarà compromessa da forti irregolarità”, ha affermato un portavoce di Vivendi da Parigi spiegando che “ne sarebbe fatta denuncia in Tribunale. Mediaset – aggiunge – sta tentando di impedire i più basici diritti degli azionisti per garantirsi illegalmente il controllo”.

La mossa di Vivendi era arrivata ad una manciata di giorni di distanza dalla decisione di Mediaset di presentare un esposto in Consob e in Agcom contro il socio francese per presunta manipolazione del corso di Borsa del titolo del Biscione. Secondo Mediaset, “Vivendi ha fatto filtrare notizie non confermate con l’evidente intento di screditare tanto il merito dell’operazione di fusione transfrontaliera deliberata dai Consigli di Amministrazione di Mediaset e Mediaset España lo scorso 7 giugno, quanto la possibilità di realizzarla – come spiegava una nota di Cologno Monzese datata 22 agosto -. Si tratta di un comportamento illecito che danneggia Mediaset, Mediaset España e i loro azionisti, che si trovano a fronteggiare un andamento del titolo fortemente condizionato da rumors indotti ad arte”. Per il Biscione, insomma, Vivendi starebbe ripetendo uno schema già adottato nel dicembre 2016 quando tentò invano di scalare il gruppo della famiglia Berlusconi. Questa volta però la posta in palio è più alta dal momento che se l’operazione MFE andasse a buon fine, Fininvest rafforzerebbe definitivamente la presa sul gruppo di Cologno Monzese senza la necessità di una costosa offerta pubblica di acquisto. E metterebbe così le basi per un polo europeo della tv con forti radici in Italia e Spagna, oltre alla partecipazione nella tedesca Prosiebensat. In ogni caso prima dell’assemblea si svolgerà un Cda del Biscione, che sarà convocato a breve. Analizzerà anche il parere di Citigroup di acquistare azioni di Mediaset Espana fino a 100 milioni per fare plusvalenza con i concambi se la fusione sarà conclusa positivamente.

“Vivendi – sottolinea un comunicato da Parigi – accoglie con favore la decisione del Tribunale di Milano, che riconosce il diritto di partecipare e votare a Vivendi come azionista, con il 9,99% dei diritti di voto, dopo aver tenuto conto del trasferimento delle sue azioni rimanenti a Simon Fiduciaria”. Nel comunicato, Vivendi ribadisce il suo voto contrario all’assemblea del prossimo 4 settembre alla fusione che porterà alla nascita di Mfe, avendo valutato “i diritti, o la mancanza di questi, che gli azionisti di minoranza avrebbero ai sensi del proposto statuto di Mfe“.

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