Per uscire allo scoperto è servito un anno di tira e molla. Giovedì 22 agosto il patron della Sampdoria, Massimo Ferrero, e il consorzio di investitori che fa capo a Gianluca Vialli hanno diffuso il comunicato atteso dai tifosi, confermando l’esistenza di una trattativa, in stadio avanzato, per la cessione del club. Non solo: le parti annunciano di aver firmato una lettera d’intenti con cui si impegnano a confrontarsi in esclusiva per arrivare al closing entro la fine di settembre. Così la Samp, dopo il Milan, si candida a diventare la seconda squadra di A nelle mani dei big della finanza mondiale. Dietro Vialli, infatti, c’è la CalcioInvest Llc di Jamie Dinan e Alex Knaster: il primo americano, il secondo russo, a capo rispettivamente di York e Pamplona Capital Management, due fondi d’investimento di grosso calibro. Rispetto al caso rossonero, però, ci sono almeno due importanti differenze. La prima è che Dinan e Knaster dovrebbero investire i propri capitali privati – e non quelli dei fondi – nell’acquisto del club. La seconda è la scelta di non farsi rappresentare da un uomo d’affari ma da una leggenda della storia blucerchiata, quel numero 9 dello scudetto 1991 che insieme al “gemello del gol” Roberto Mancini occupa un posto speciale nel cuore dei tifosi.

Le indiscrezioni hanno iniziato a circolare lo scorso febbraio, ma i primi contatti tra le parti risalgono a settembre 2018. Poco più tardi Vialli avrebbe parlato in pubblico del suo tumore al pancreas. L’ostacolo alla riuscita dell’accordo è sempre stato, ed è ancora, il prezzo: Ferrero vuole monetizzare subito e il più possibile, ottenendo liquidità con cui pagare i debiti milionari contratti dalla sua holding Eleven Finance nel business immobiliare e del cinema. Il vulcanico presidente ha chiesto fin dall’inizio 100 milioni di euro cash, mentre l’offerta partiva da 47. Ma non ha abbassato il tiro nemmeno quando la cordata è arrivata a offrirne oltre 60 attraverso una serie di bonus, subordinati però a condizioni ancora da verificarsi (ad esempio, la rivendita dei gioielli Muriel e Bruno Fernandes o la permanenza della Samp in Serie A per le prossime due stagioni). L’impressione, a fine maggio, era che il tutto fosse destinato a naufragare: anche perché nel frattempo la comparsa di una trattativa parallela – quella con il fondo inglese Aquilor – ha consentito a Ferrero di tirare ancora di più la corda.

A sbloccare l’impasse ci ha pensato, ancora una volta, l’ex patron Edoardo Garrone, che pur avendo ceduto – o meglio regalato accollandosi pure 12 milioni di debiti – la Samp, ormai cinque anni fa, ha sempre garantito sostegno affettivo ed economico alle vicende del club. Il presidente di Erg e Sole 24 Ore ha accettato di anticipare 20 milioni, coprendo l’importo dei bonus e aumentando così la liquidità nelle tasche del Viperetta. Aggiungendo 9,2 milioni spettanti a Ferrero dalle cessioni di Joachim Andersen e Dennis Praet (operazioni che hanno portato un totale di 48 milioni nelle casse della Samp), altri 4 che verrebbero dai dividendi non riscossi e i 2,5 dell’attuale sede di Corte Lambruschini a Genova (che resterebbe al produttore) si arriva vicini ai 90 che dovrebbero rappresentare il punto d’incontro finale. Non è ancora detta l’ultima parola, però: qualche certezza si potrà avere solo quando le parti annunceranno il signing, la firma del preliminare d’acquisto vincolante garantito da penali, atteso intorno a metà settembre.

Per il popolo blucerchiato la presidenza Vialli è un sogno che porta indietro ai primi anni ’90 e alla Samp d’oro di Paolo Mantovani, il cui figlio, Enrico, è non a caso il maggior sponsor dell’operazione. I rapporti tra Ferrero e la piazza sono logori da tempo: non tanto per i risultati sportivi (sotto di lui la squadra ha ottenuto piazzamenti a metà classifica in linea con il valore della rosa) quanto per le performance mediatiche scomposte lontane anni luce dallo “stile Samp” che ha accomunato i presidenti più amati della storia del club, da Ravano a Mantovani ai Garrone. I tifosi non hanno mai perdonato a Ferrero alcune uscite giudicate irrispettose, come quando propose di modificare l’inno composto dai fratelli De Scalzi (“Sembra la filastrocca di Pinocchio”, disse in prima serata da Fabio Fazio) o quando, in un impeto autocelebrativo, si spinse a dire che la Samp prima del suo avvento “era conosciuta solo tra Recco e Chiavari, mentre ora ne parla il mondo”. Il punto di rottura è arrivato con l’indagine della procura di Roma che ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio per truffa ed emissione di fatture false, con l’accusa di aver usato i soldi del club per pagare i propri debiti: un sospetto che i tifosi non sono disposti a tollerare. E tra il folkloristico produttore del Testaccio e i grigi businessman d’oltreoceano non hanno dubbi su chi scegliere. Soprattutto se garantisce il numero 9.

Twitter: @paolofrosina

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