Un solo colpo sparato dall’alto verso il basso con la pistola calibro 7,65 quasi appoggiata all’orecchio sinistro, il corpo che si accascia e la fuga del killer. Sono alcuni dei pochi punti fermi sull’omicidio di Fabrizio Piscitelli, noto come Diabolik, il leader della Curva Nord della Lazio assassinato mercoledì pomeriggio in via Lemonia, in zona Cinecittà, a Roma. Gli investigatori della Squadra Mobile sono alla ricerca di indizi per ricostruire la dinamica e il movente dietro l’omicidio del 53enne, noto negli ambienti criminali, con diversi precedenti da stadio e una condanna in primo grado per la tentata estorsione al presidente Claudio Lotito nel tentativo, fallito, di scalata alla SS Lazio.

I testimoni e le telecamere
Punti oscuri tanti, certezze poche per gli uomini agli ordini di Luigi Silipo, che nell’immediatezza del delitto hanno ascoltato alcune persone che si trovavano sul posto quando è scattato l’agguato. Si tratta di un ragazzo che faceva jogging e una donna seduta su una panchina. E proprio dalle testimonianze ha iniziato a muoversi l’indagine. “L’ho visto scappare – ha detto un testimone all’Adnkronos – È corso su questa via e ha girato lì. C’era uno che lo aspettava dietro la curva. Ma tanto ‘ndò va? E pieno di telecamere, lo trovano”. E proprio le telecamere installate in via Lemonia e nelle strade limitrofe sono passate al setaccio dagli agenti della Squadra Mobile per provare a ricostruire l’arrivo e la fuga del killer. Seduto sulla panchina con Piscitelli anche l’autista cubano.

Il killer a volto coperto (vestito da runner?)
Secondo le prime informazioni, il sicario sarebbe giunto nel parchetto di via Lemonia camuffandosi tra le tante persone che praticano jogging in zona al tramonto. Ce n’erano decine alle 18.55, quando è stato aperto il fuoco contro Piscitelli. L’uomo avrebbe agito a volto coperto, pare, e vestito da runner, proprio per non dare nell’occhio. Sul punto non ci sono conferme, ma questo è uno dei primi dettagli emersi subito dopo l’agguato. Un testimone ha riferito anche che la pistola del killer si sarebbe inceppata, particolare importante che conferma la teoria dell’esecuzione.

Cosa ci faceva Piscitelli in zona?
Un altro interrogativo da sciogliere è quello legato alla presenza di Diabolik nel Parco degli Acquedotti. Non è ancora chiaro se il capo ultras della Lazio, che abita poco distante, avesse appuntamento con qualcuno e lo stesse aspettando. Di certo, era già seduto sulla panchina del parchetto ed è stato colpito alle spalle. Assieme a lui un cubano, ascoltato dagli investigatori, che gli faceva da autista. Con loro non c’era senza la solita “scorta” di amici di nazionalità albanese, fatto che fa propendere per l’ipotesi che dovesse incontrare una persona che avrebbe dovuto incontrare. L’uomo con il quale doveva vedersi è il killer? Oppure l’incontro fissato era un tranello? Un punto sul quale gli investigatori della Mobile potranno far luce setacciando il suo cellulare e ascoltando parenti e amici.

Il movente: la pista ultras poco plausibile
Sull’omicidio di Piscitelli indaga anche la Direzione distrettuale antimafia, una scelta che porta a pensare che sia stata scartata la pista ultras come movente. Il reato ipotizzato è l’omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso. Le modalità dell’assassinio fanno pensare infatti a un regolamento di conti in altri mondi frequentati da Diabolik. Ambienti criminali dei traffici di droga, nei quali si ritiene che il 53enne abbia fatto affari in passato, tanto da essere stato arrestato nel 2013 dopo un mese di latitanza con l’accusa di essere a capo di un gruppo che gestiva l’import-export di stupefacenti tra Italia e Spagna.

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