Gigi Di Biagio è stato un grande calciatore: in Nazionale lo ricordavamo per quel maledetto rigore sbagliato ai Mondiali di Francia ’98 e per il coraggio di rifarsi due anni dopo a Euro 2000. Un simbolo, un esempio. Adesso è diventato il peggior commissario tecnico della storia dell’Under 21: tre Europei falliti, due qualificazioni olimpiche mancate. Un perdente ma di successo, in grado di rimanere in sella per ben 6 anni. L’ultimo disastro però ci è costato caro: con la Nazionale più forte di sempre si è fatto eliminare al girone degli Europei giocati in casa. Per organizzarli in Italia, il governo aveva sborsato 5 milioni di euro.

Al terzo flop consecutivo, anche lui si è dovuto arrendere: Di Biagio ha annunciato che dal 1 luglio non sarà più l’allenatore degli Azzurrini. Al suo posto Paolo Nicolato (tecnico dell’Under 20) o un altro uomo federale. Il vero mistero, però, è perché non sia successo prima. Soltanto Enzo Bearzot, Azeglio Vicini e Cesare Maldini sono stati così longevi sulla panchina delle giovanili. Altri tempi, con tutto il rispetto anche altri nomi. In epoca moderna, chiunque sarebbe stato cacciato malamente già dopo la prima esperienza: Euro 2015, l’Italia di Belotti, Bernardeschi e Romagnoli (tutta gente che oggi primeggia in Serie A) finisce penultima nel suo girone. Niente semifinali, niente Olimpiadi: tutti si aspettano l’esonero del ct che invece viene riconfermato. Nel 2017 gli azzurrini arrivano almeno in semifinale, salvo farsi umiliare dai pari età della Spagna. Qualcuno chiede la sua testa, viene addirittura promosso pro tempore in nazionale maggiore dopo l’esonero di Ventura. Il resto è storia recente: l’Italia si presenta agli Europei di casa con la squadra più forte di sempre e il pronostico di favorita, ci sono Chiesa e Barella, ben 6 elementi che ormai fanno parte stabilmente della nazionale maggiore del ct Mancini rinata proprio grazie ai giovani. Eppure, dopo il successo all’esordio contro la Spagna, gli azzurrini si fanno battere sciaguratamente dalla modesta Polonia e quindi vengono eliminati dal biscotto fra Francia e Romania.

Risultati scarsi (per non dire nulli), gioco inesistente, gestione del gruppo discutibile (da ultimo il caso KeanZaniolo): a ripercorrere la sua carriera in azzurro, viene da chiedersi come abbia fatto a resistere tanto a lungo. La risposta sta in una serie di coincidenze, rapporti personali, dinamiche federali. Educato, ben voluto da tutti in Figc, dove chi fa vita federale è sempre apprezzato. Lo potevi incontrare facilmente in FederCalcio come sui campi di paddle, la sua autentica passione, da praticare preferibilmente in un noto circolo di Roma nord ben frequentato da ex giocatori e dirigenti. Di Biagio ha attraversato addirittura quattro ere Figc: i presidenti cambiavano, lui rimaneva. E perdeva. “Cocco” di Demetrio Albertini e Arrigo Sacchi, fu chiamato in Figc dall’ex presidente Abete subito prima dell’elezione di Carlo Tavecchio. Dopo la figuraccia mondiale di Ventura, nel caos del commissariamento del Coni ha sfruttato l’incertezza e il vuoto di potere per arrivare persino sulla panchina della nazionale maggiore (due partite, una sconfitta e un pareggio). Poi si è ritrovato come presidente Gabriele Gravina, suo vecchio amico in quanto storico capo delegazione dell’Under 21, che l’ha ovviamente riconfermato. Insomma, più fortunato che raccomandato. Ma vincente, proprio no.

Questa sconfitta, però, è ancora più dolorosa delle precedenti. Per organizzare in Italia gli Europei Under 21 (e possibilmente per staccare il pass per Tokyo 2020, visto che il torneo funziona anche da qualificazione olimpica), il governo aveva stanziato 5 milioni di euro, più altri spiccioli sborsati dalla Figc. Ne abbiamo rimediato solo una figuraccia internazionale. Ci ha rimesso lo Stato, ma pagherà anche la FederCalcio: i contributi pubblici alle Federazioni dipendono anche e soprattutto dai risultati ai Giochi, e l’Under 21 è la rappresentante olimpica del pallone (insieme alla nazionale femminile, attualmente impegnata ai Mondiali, per cui resta qualche speranza). Anche per la mancata qualificazione ai Giochi di Rio, dal 2016 al 2017 la Figc ha ricevuto 6,6 milioni in meno di contributi. “Si auspica che la Federazione non debba essere oggetto di ulteriori tagli da parte del CONI, essendo le nostre due nazionali olimpiche in corsa per la qualificazione a Tokyo 2020“, si leggeva nell’ultimo bilancio. Dopo quest’altra figuraccia, possono star certi che quei soldi non verranno recuperati. Adesso Di Biagio se ne va, ma rivendica con orgoglio: “Abbiamo fatto un ottimo lavoro, il risultato non è positivo ma per me non è un fallimento”. Chissà se in Figc penseranno la stessa cosa.

Twitter: @lVendemiale

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