A conferma di tutti i sondaggi, le elezioni europee hanno incoronato Salvini padrone del governo e di due terzi del Paese visto che la Lega con il centrodestra (e non il contrario) governa tutte le regioni del Nord industriale, invade il centro e si allunga fino al Sud. Il Movimento cinque stelle subisce un tracollo di proporzioni clamorose e si avvia sulla strada di un veloce declino se non saprà tempestivamente e drasticamente invertire la rotta cambiando strategia e leadership. Il Pd che era gravemente malato, in terapia intensiva dopo la débâcle renziana alle elezioni del 4 marzo di un anno fa; si ritrova ora appena convalescente ma non ancora in salute, bisognoso di continuare una cura che finora è stata omeopatica ma adesso ha bisogno di ricostituenti molto più forti per tornare ad essere realmente competitivo.

Ci sono poi le diverse sinistrine, variopinte gradazioni dal rosso al verde, che sono rimaste solo sfumature. Sommate contano il 7/8%, a conferma che la malattia cronica dell’ombelichismo (guardarsi l’ombelico) è proprio terminale e sarebbe ora di stilare il certificato di morte di queste forme politiche microcitemiche. Il tentativo generoso di Luigi de Magistris, di formare una lista civica che segnasse una discontinuità con le esperienze precedenti tutte perdenti, fallì per le divisioni che hanno prodotto ulteriori lacerazioni e questi sono stati i risultati. Cosicché siamo l’unico grande paese europeo che non ha una rappresentanza a Bruxelles di forze di sinistra ed ecologiste, a conferma della lunga regressione politico-culturale ed anche economico-sociale.

In questo quadro sconfortante, l’unica nota positiva sono i segnali di resistenza all’onda lunga leghista che si manifestano nelle elezioni e amministrative: dove c’è un riconoscimento effettivo di buone amministrazioni e di persone radicate nel territorio, Salvini fa fatica a passare. È interessante e ha fatto molto male la sinistra a non curarsene, il fenomeno delle liste civiche, sorte molte volte come risposta alla crisi dei partiti tradizionali che rappresentano un serbatoio di militanza politica e attivismo civico misconosciuto.

Il Pd non può certo cullarsi sugli allori del ritorno a casa dell’elettorato deluso dai cinquestelle, non solo perché, come dimostrano le analisi di flusso, ne è stato avvantaggiato molto marginalmente ma soprattutto perché il potere della Lega sarà usato come una clava per disarticolare tutte le situazioni e tutti gli ambiti in cui la sinistra ha un peso. Ne è un esempio Riace, in cui è stato cinicamente pianificato l’azzeramento di un’esperienza sociale positiva affinché l’esempio non si diffondesse, fino al suo annichilimento.

Così Salvini procederà perché ha in mano i poteri per farlo e lo farà ovunque gli è possibile. La prossima tappa elettorale, le elezioni in Emilia Romagna, saranno una cartina di tornasole fondamentale per capire se il successo alle Europee rappresenta l’ultimo stadio della Blitzkrieg leghista e la sinistra è in grado di difendere il baluardo sulla linea gotica, oppure che non ci si debba preparare, come nel lungo inverno del ’44, a una resistenza politica, non in armi. È affidata alla testa dei gruppi dirigenti la scelta di come giungere a questo appuntamento, auspichiamo che la ragione si risvegli.

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