L’obbligo del Pos e le sanzioni mai approvate

Un primo impulso alla diffusione dei pagamenti elettronici nel nostro Paese è arrivato con il decreto Crescita (Dl 179/2012), varato dal governo Monti. Per la prima volta, è stato introdotto in Italia l’obbligo per professionisti, commercianti e aziende di accettare i pagamenti con bancomat e carte di credito. Da qui la necessità, entro il 30 giugno 2014, di dotarsi di un dispositivo Pos (Point of sale). Per i più restii, però, non era stata prevista alcuna sanzione. Ci ha pensato, almeno in parte, la legge di stabilità 2016 varata dal governo Renzi: per promuovere i micropagamenti (con importo inferiore a 5 euro) è stato affidato al ministero dello Sviluppo economico il compito di fissare una sanzione amministrativa con un apposito decreto. Ma è qui che si è creato l’inghippo. Il Mise ha ipotizzato di ancorare questa multa all’articolo 693 del Codice penale, secondo cui “chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con la sanzione amministrativa fino a 30 euro”. Peccato che, nell’aprile 2018, il Consiglio di Stato abbia espresso parere contrario sollevando dubbi di incostituzionalità e bollando la soluzione del governo come “non condivisibile sul versante strettamente giuridico”: secondo i giudici serve una legge ad hoc. Ad oggi, quindi, i commercianti sulla carta devono accettare qualunque tipo di pagamento con carta di credito, ma in caso di rifiuto non è prevista alcuna multa per punirli. Un pasticcio che l’esecutivo gialloverde aveva dichiarato – per bocca del sottosegretario per l’economia Alessio Mattia Villarosa – di voler risolvere con un’apposita norma da inserire nel decreto fiscale collegato all’ultima legge di Bilancio, di cui però si sono perse le tracce.

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