Benedetto XVI rompe il silenzio. E lo fa su un tema che gli è sempre stato molto a cuore: la lotta alla pedofilia del clero. Fu sua la più forte denuncia degli abusi durante il pontificato di San Giovanni Paolo II: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui”. Un grido che risuonò forte al Colosseo, il 25 marzo 2005, nell’ultima via crucis di Wojtyla, che malato seguiva il rito da casa attraverso la televisione. Poche settimane dopo Ratzinger sarebbe stato eletto Papa e avrebbe tramutato quella forte denuncia in atti concreti nei suoi otto anni di pontificato. Ora, dopo il summit sugli abusi voluto da Francesco in Vaticano, Benedetto XVI torna a parlare con una lunga memoria di diciotto pagine e mezzo pubblicata sul mensile tedesco Klerusblatt e in una traduzione italiana sul Corriere della Sera. Una decisione che lo stesso Ratzinger, a pochi giorni dal suo 92esimo compleanno, rivela di aver preso dopo aver informato Bergoglio, che ringrazia “per tutto quello che fa”, e il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin. Ma, leggendo il testo e conoscendo la personalità del Papa emerito, è evidente che il suo intervento non è solo una memoria storica di quel che è stato fatto nella lotta alla pedofilia del clero, bensì un commento critico alle conclusioni del summit tenutosi in Vaticano.

Nel suo scritto, Ratzinger precisa di aver “messo insieme degli appunti con i quali fornire qualche indicazione che potesse essere d’aiuto in questo momento difficile”. Eppure l’accusa di Benedetto XVI è forte, soprattutto perché proviene dal principale collaboratore di Wojtyla. Il Papa emerito, infatti, attacca il “garantismo” ecclesiale che ha permesso a suo giudizio, negli anni Ottanta, che sulla pedofilia “dovevano essere garantiti soprattutto i diritti degli accusati. E questo fino al punto di escludere di fatto una condanna. Il loro diritto alla difesa venne talmente esteso che le condanne divennero quasi impossibili”. Parole pesanti come macigni. Benedetto XVI denuncia un vero e proprio “collasso morale”, avvenuto a partire dal 1968, e dal quale dipende “anche il fatto che la pedofilia sia stata diagnosticata come permessa e conveniente”. “Mi sono sempre chiesto – scrive Ratzinger – come in questa situazione i giovani potessero andare verso il sacerdozio e accettarlo con tutte le sue conseguenze. Il diffuso collasso delle vocazioni sacerdotali in quegli anni e l’enorme numero di dimissioni dallo stato ecclesiastico furono una conseguenza di tutti questi processi”. Nello stesso periodo iniziò anche “un collasso della teologia morale cattolica che ha reso inerme la Chiesa di fronte a questi processi della società”.

Benedetto XVI si sofferma a lungo sulla Germania dopo che proprio il presidente dell’episcopato di quel Paese, il cardinale di Monaco e Frisinga Reinhard Marx, al summit in Vaticano ha denunciato che “i dossier che avrebbero potuto documentare i terribili atti e indicare il nome dei responsabili sono stati distrutti o nemmeno creati. Invece dei colpevoli, a essere riprese sono state le vittime ed è stato imposto loro il silenzio. Ratzinger parla esplicitamente di “club omosessuali” che si formarono in molti seminari; di vescovi che rifiutavano la tradizione cattolica, e non solo negli Stati Uniti, in nome di “una specie di moderna cattolicità”. Scrive che in alcuni seminari “studenti sorpresi a leggere i miei libri venivano ritenuti non idonei al sacerdozio. E la Santa Sede sapeva di questi problemi”. “La società occidentale – sottolinea il Papa emerito – è una società nella quale Dio nella sfera pubblica è assente e per la quale non ha più nulla da dire. In alcuni punti, allora, a volte diviene immediatamente percepibile che è divenuto addirittura ovvio quel che è male e distrugge l’uomo. È il caso della pedofilia”. Benedetto XVI ricorda come “non molto tempo fa fosse teorizzata come del tutto giusta”, e come si sia “diffusa sempre più. E ora, scossi e scandalizzati, riconosciamo che sui nostri bambini e giovani si commettono cose che rischiano di distruggerli. Che questo potesse diffondersi anche nella Chiesa deve scuoterci e scandalizzarci in maniera particolare. Come ha potuto la pedofilia raggiungere una dimensione del genere? Il motivo sta nell’assenza di Dio”.

Ma la denuncia va molto più in profondità. Il Papa emerito vede, infatti, nel calo drammatico dei fedeli alle messe domenicali la riduzione della liturgia a puro “gesto cerimoniale”. E raccomanda non “un’altra Chiesa inventata da noi, ma un rinnovamento della fede”. E per far comprendere gli effetti degli abusi sulle vittime, riporta la drammatica testimonianza di una di esse: “Una giovane ragazza che serviva all’altare come chierichetta mi ha raccontato che il vicario parrocchiale introduceva l’abuso sessuale su di lei con queste parole: ‘Questo è il mio corpo dato per te’. È evidente che quella ragazza non può più ascoltare le parole della consacrazione senza provare terribilmente su di sé tutta la sofferenza dell’abuso subito”. Ratzinger sottolinea, infine, che dell’istituzione ecclesiale “si parla solo utilizzando categorie politiche e questo vale perfino per dei vescovi che formulano la loro idea sulla Chiesa di domani in larga misura quasi esclusivamente in termini politici. La crisi causata da molti casi di abuso ad opera di sacerdoti spinge a considerare la Chiesa addirittura qualcosa di malriuscito che dobbiamo prendere per mano noi stessi”. Per il Papa emerito questa è una “proposta del diavolo”. Non esiste “una Chiesa migliore creata da noi stessi”. Per Ratzinger è necessario “contrapporre alle menzogne e alle mezze verità del diavolo tutta la verità: sì, il peccato e il male nella Chiesa ci sono. Ma anche oggi c’è pure la Chiesa santa che è indistruttibile. La Chiesa di oggi è come non mai una Chiesa di martiri”.

Twitter: @FrancescoGrana

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