Gli elettori venivano portati al seggio Ipam di corso Garibaldi in motorino, gli veniva messo in mano un cellulare con cui doveva fotografare la scheda elettorale, poi venivano pagati con “pochi spiccioli” – anche 10-15 euro  – e con pacchi di generi alimentari. I più fortunati, poi arrestati, hanno potuto lavorare sei mesi nella ditta Gema di rifiuti con il progetto “Garanzia giovani”, ma con la promessa che il “posto” sarebbe diventato a tempo indeterminato. Anche se poi non è andata così. In cambio hanno votato, questa l’accusa, e fatto votare il candidato che poi ha raccolto 927 voti. È il “criminale mercimonio di voti, assolutamente indegno di un paese civile” scoperto da un’indagine dei carabinieri a Torre del Greco (Napoli), le elezioni sono quelle che si sono tenute lo scorso 10 giugno. Il giudice per le indagini preliminari, Antonio Fiorentino, non lesina sugli aggettivi per descrivere l’ennesima storia di voti di scambio. Raccontata anche in una video inchiesta di Fanpage.it che mostrava come le preferenze espresse dagli elettori fossero comprate da un gruppo di persone per più candidati. Quattordici le misure cautelari eseguite dai carabinieri: otto arresti – quattro in carcere e quattro ai domiciliari – e sei divieti di dimora. Tra gli indagati due consiglieri, uno eletto alle scorse consultazioni, l’altro alla terza consiliatura ma in aspettativa dalla sua funzione di poliziotto. Per il primo, Stefano Abilitato (ex Fi), il giudice ha disposto gli arresti domiciliari, per l’altro, Ciro Piccirillo, il divieto di dimora in Campania. Disposto il carcere per Giovanni e Ciro Masella, Giuseppe Mercedulo, Giuseppe Ramondo.

Due consiglieri coinvolti nell’indagine e il dipendente di una onlus
Abilitato (candidato con la lista Il Cittadino e poi passato nel gruppo consiliare del Movimento Dai), secondo gli inquirenti della procura di Torre Annunziata, avrebbe fatto assumere a tempo determinato cinque persone: tre finite in carcere e due ai domicialiari. Piccirillo è accusato di favoreggiamento e rivelazione di segreto di ufficio per avere informato di un controllo di polizia alcune persone che compravano voti davanti a un seggio. Ai quattordici indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere finalizzata al voto di scambio elettorale, voto di scambio elettorale, attentati contro i diritti politici del cittadino, rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio, favoreggiamento, detenzione illegale di armi da sparo comuni e da guerra. Quest’ultimo reato contestato a tre indagato in possesso, stando alle indagini, di una mitragliatrice uzi, un fucile a canne mozze, una calibro 21.

I due consiglieri di maggioranza coinvolti nelle indagini sono stati eletti in occasione delle amministrative dello scorso anno, elezioni che hanno poi portato alla vittoria del sindaco Giovanni Palomba, seguite dallo scioglimento anticipato della passata consiliatura a causa delle dimissioni del precedente primo cittadino, Ciro Borriello, arrestato nell’ambito di un’altra inchiesta legata a presunte tangenti per favorire la ditta dei Fratelli Balsamo nell’ambito del servizio Nettezza Urbana. Tra gli indagati anche un dipendente di una onlus che aveva procurato i pacchi con la sigla Ue e con la scritta prodotto non commerciabile.

L’intercettazione: “Pure voi vi siete comprati i voti”
Per il giudice è “lampante nel caso di specie la vastità del fenomeno della corruzione elettorale” anche perché uno degli indagati – quasi tutti interrogati subito dopo la pubblicazione dell’inchiesta di Fanpage.it – ha raccontato che c’erano “altri sette gruppi che compravano voti“. Ad esempio di come si vincessero le elezioni a Torre del Greco il gip cita una intercettazione tra un indagato e un’altra persona. “Pure voi vi siete comprati i voti. da chi lo vuoi” dice il primo e il secondo che replica di non aver investito i soldi: “…dai mille euro Gerardo, a chi lo vuoi raccontare, voi avete messo in gioco 30/40mila euro… dai avete speso i soldi, ma i soldi… per vincere” e l’altro: “Però abbiamo vinto che vuoi?”. “Le due ultime affermazioni degli interlocutori sono tanto crude, quanto disarmanti – stigmatizza il giudice – A Torre del Greco le elezioni amministrative si vincono solo se si dispone di somme sufficienti per la compravendita dei voti con buona pace per la democrazia … I voti delle ultime elezioni amministrativo in Torre del Greco (e quelle precedenti?) non sono stati certo espressi dagli elettori in ragiono di ‘stima, simpatia, affetto e proposte che vengono fatte’ ma unicamente per un diffuso, sistematico, vile, ignobile meccanismo di compravendita…”

“Sfruttate la situazione di degrado di alcuni quartieri e la povertà”
Un meccanismo in cui gli elettori vengono considerati dal giudice quasi vittime che ha uno sguardo sulla realtà della cittadina campana quasi sociologica: “L’ignobiltà e la viltà emergono in maniera drammatica dalle concrete modalità operative dei vari sodalizi di criminali che prestavano i propri servigi ad una pluralità di candidati. Infatti, sfruttando la situazione di degrado di alcuni quartieri, l’indigenza e la povertà di tanti elettori, o solo il loro basso livello culturale, questi criminali privavano tanti cittadini di un loro fondamentale diritto, per pochi “spiccioli”, anche solo 10-15 euro, o, addirittura, per un piccolo pacco di prodotti alimentari. Per non parlare, poi, del fatto che i poveri elettori venivano anche indotti a commettere un reato”. Tutto questo per raggiungere un obiettivo ben preciso come dice un altro degli indagati prima delle elezioni: “Dobbiamo (far) vincere Abilitato, dobbiamo regnare su tutto quanto”. Un patto poi infranto dal fatto che le assunzioni non si erano trasformate in contratti a tempo indeterminato (anche per il clamore suscitato dall’inchiesta giornalistica, ndr” e il consigliere eletto, che non era assessore e aveva meno potere di quello che si ipotizzava, era stato minacciato proprio davanti la sede del Comune, Palazzo Baronale che era stata anche occupata. Non solo la ditta era finita nel mirino di alcuni indagati: in un caso un mezzo era stato accerchiato e i dipendenti costretti a scappare.

Il sindaco Palomba: “Tranquillo”, ma pentito dice: “Per lui voti a 80 euro”
“Sono regolarmente seduto alla mia scrivania e oggi si svolgerà regolarmente la programmata seduta di giunta, durante la quale saranno approvati anche provvedimenti di competenza del consiglio comunale. Questo per dire che l’attività amministrativa prosegue senza alcuna interruzione – ha dichiarato il sindaco Giovanni Palomba – La posizione dei consiglieri comunali coinvolti? Non conosco al momento le procedure di ordine tecnico e sono certo che i consiglieri coinvolti si sapranno difendere dalle accuse mosse nelle sedi opportune. Per quanto mi riguarda, so soltanto che l’amministrazione non è stata sfiorata da questa vicenda e pertanto è giusto proseguire nel lavoro intrapreso”. Eppure il primo cittadino – che non risulta indagato – viene chiamato in causa da Giovanni Massella. Agli inquirenti ha raccontato il figlio Ciro e Andreina Vivace (ai domciliari, ndr), assunti come netturbini dell’azienda, si erano presentati da Palomba dopo la pubblicazione dell’inchiesta e il sindaco li avrebbe rassicurati e promesso la copertura delle spese processuali qualora la coppia fosse stata raggiunta dall’inchiesta. Agli atti dell’inchiesta risultano inoltre le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che de relato ha raccontato che sarebbero stati venduti voti anche per l’attuale sindaco per 80 euro.

Ha collaborato Vincenzo Iurillo

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