A Milano si è tenuta la seconda edizione della Milano digital week, organizzata dall’assessorato alla Trasformazione digitale e servizi civici del Comune di Milano capitanato da Roberta Cocco. Una settimana all’insegna delle nuove frontiere del digitale che ha coinvolto tutta la città con i suoi 500 eventi. La mia idea sulla gestione soggettiva dei dati sanitari tramite l’impronta digitale, con il prezioso aiuto di Henrik Sozzi che l’ha sviluppata, è stata ammessa a partecipare a questa importante manifestazione. L’evento si è svolto presso la casa di cura San Camillo di Milano il 16 marzo scorso.

I nostri dati sulla salute sono fuori dal nostro controllo. Infatti, ogni volta che facciamo un esame o una visita medica, lasciamo una traccia che potrebbe essere intercettata, utilizzata o manomessa da terzi, senza la nostra autorizzazione. History Health, come sanno quelli che leggono i miei post, è – come ho detto durante la lunga presentazione – come un grande armadio, leggero come una nuvola, pieno di cassetti dove possiamo porre tutte le nostre visite, i nostri esami, le nostre prescrizioni, le nostre cartelle cliniche ma non solo. History Health è anche uno strumento di controllo, visto che gli operatori sanitari devono autenticarsi insieme al cittadino, tramite impronta digitale, per poter scrivere sul diario della salute. Ciò che verrà scritto resterà conservato senza possibilità di modifica successiva e senza che nessuno possa accedere alla nostra storia clinica, a meno di una nostra autorizzazione anche da remoto, ad esempio per studi clinici. History Health potrà contenere anche gli appuntamenti sanitari e le terapie farmacologiche che segnaleranno l’alert tramite messaggi sul cellulare del paziente. In nessun altro caso il cittadino potrà modificare ciò che è certificato dagli operatori, ma avrà accesso ogni volta che vorrà alla mera consultazione.

Il Garante della privacy, Antonello Soro, da tempo segue questo mio progetto che verrà posto sul tavolo di lavoro del Fascicolo sanitario nazionale. Quel Fascicolo sanitario che fa parte del progetto di digitalizzazione del sistema sanitario, fermo al palo da anni.

Inoltre, lasciare a terzi la gestione dei dati sanitari del cittadino pone sempre dei rischi, come ha confermato il 27 gennaio 2019 sul Corriere Salute l’ordinario di Statistica medica dell’Università di Milano Bicocca Giovanni Corrao: “Ogni volta che riceviamo una prestazione medica da una struttura pubblica o privata convenzionata, lasciamo un’impronta criptata dagli archivi elettronici regionali, che registrano i dati sull’oggetto della prestazione, sulla struttura che la eroga e sull’identità di chi la riceve. (…) Quale rischio corriamo infatti che dati sensibili come quelli sulla nostra salute escano dalle piattaforme istituzionali che li custodiscono? Chi è autorizzato ad accedervi? Quali misure devono essere adottate per garantirne il sicuro e corretto utilizzo?”.

Io credo, come ho detto in una mia intervista a Il Sole 24 Ore del 17 marzo scorso, che basterebbe History Health. La salute in un’impronta digitale: una rivoluzione a portata di smartphone.

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