Le uniche cose abbastanza chiare relativamente al volo MH 370 decollato alle 00:41 dell’8 marzo 2014 da Kuala Lumpur e diretto a Pechino sono solo due: la prima è che a tutt’oggi vi sono solo teorie (alcune delle quali molto fantasiose, altre molto ingenue) sulla sua sparizione, la seconda è che è assolutamente impossibile che un aeromobile di queste dimensioni e con la tecnologia di bordo del B777 possa semplicemente svanire nel cielo senza lasciare la benché minima traccia sui radar e men che mai sfuggire all’occhio infallibile degli overheads (satelliti) che spiano, controllano, gestiscono o semplicemente osservano tutta la superficie terrestre e lo spazio sovrastante. Quando le indagini su un disastro aereo risultano particolarmente complicate al fine di definirne la causa e in special modo quando si sospetti un atto terroristico (non da escludere nemmeno in questo caso) due elementi vengono vagliati con grande attenzione: la lista passeggeri ed il cosiddetto manifesto di carico.

Ciò fu fatto, tra l’altro, nell’indagine sul disastro di Ustica del 27 giugno 1980 che obliterò il volo IH870: su questo incidente mancano ancora spiegazioni definitive e convincenti al di là delle numerose e successive versioni ufficiali ma è da notare che del DC9 in questione fu recuperato la buona parte del relitto assieme al registratore dei dati di bordo e al CVR. Nel caso dell’MH 370 non abbiamo recuperato assolutamente nulla salvo una trentina di piccoli rottami sparsi però in località così geograficamente distanti fra loro (dal Madagascar alle coste dell’India) che farebbero pensare più al rientro di un satellite fuori controllo che non a un aereo disintegratosi in volo o sul mare! In questo caso pare addirittura che i rottami in questione si ritengano solo “attribuibili” al Boeing 777 malese ma non ve ne sia certezza. Da sola questa circostanza è abbastanza bizzarra. L’aereo, una volta iniziata la prima inspiegabile virata, “avrebbe” potuto dirigersi verso località che vanno dal Khazakistan, al Turkmenistan, alla Thailanda e a ovunque nell’Oceano Australe meridionale, un’area geografica immensa ma sulla quale un aereo di linea, semplicemente non può sparire: non glielo consentirebbe tra l’altro l’avionica di bordo, il sistema Inmarsat, financo il fatto che anche i motori Rolls Royce Trent del velivolo comunicano continuamente lo stato del loro funzionamento con un centro di controllo tecnico.

La lista passeggeri non ci dice molto, a parte il fatto curioso ma non determinante che a bordo c’erano i 20 più alti funzionari della Freescale Semiconductor Inc., azienda produttrice tra l’altro di un microchip, il KL-03, con applicazioni estremamente riservate nel settore della difesa. E’ decisamente più interessante il cargo manifest con 2,2 tonnellate di materiale non esattamente descritto ma che una serie di verifiche documentali incrociate descrivono come hardware/software ultrasegreto destinato ad equipaggiare l’ultima generazione dei droni Usa. E’ singolare il fatto che quel materiale non doveva essere a bordo del volo MH 370 ma che vi era finito in circostanze assolutamente poco chiare e doveva essere recapitato ai servizi segreti cinesi: gli stessi non erano estranei al fatto che quelle 2,2 tonnellate di cargo erano finite molto riservatamente proprio su quel volo non stop per Pechino.

Il rapporto ufficiale di 495 pagine dell’ente malese delegato all’inchiesta su quella che ancora possiamo ritenere la “vaporizzazione” dell’MH 370 (rilasciato il 20 luglio 2018) contiene secondo me un elemento essenziale e poco divulgato su questa vicenda: nel rapporto si dice che i controlli di volo dell’aeromobile furono deliberatamente manipolati dall’esterno al fine di portarlo fuori rotta. E molto verosimilmente verso la sua destinazione finale. Il rapporto dice anche che questo molto probabile fatto assieme agli eventi che seguirono potrà essere finalmente confermato solo dopo il ritrovamento del relitto. Il quale a oggi non è stato ritrovato e ritengo non lo sarà mai. Non sono, per principio, un fautore delle teorie cospiratorie ma vuoi per esperienze dirette sul campo vuoi per una buona conoscenza, altrettanto diretta, del settore aeronautico per me prevale una regola: nell’assenza totale di prove e riscontri, una buona ipotesi sostenuta da elementi oggettivi e logici è comunque meglio di un mistero perfetto, come quello che a tutt’oggi avvolge il volo MH 370.

Dopo gli eventi dell’11 di settembre 2001, i servizi segreti Usa di concerto con le industrie aeronautiche civili e militari si posero il problema di come eliminare radicalmente e definitivamente la possibilità che simili incidenti potessero ripetersi: blindare le porte di accesso delle cabine di pilotaggio fu una delle misure adottate ma certamente non quella più risolutiva. La tecnologia dei moderni aerei di linea e quella sviluppata per il pilotaggio remoto dei droni può consentire in ogni momento ed in presenza di circostanze eccezionali di rimuovere virtualmente ma completamente i piloti dalle operazioni di volo: un sistema di back-up sul tipo del Boeing Honeywell Uninterruptible Autopilot installato a bordo degli aerei della nuova generazione sul tipo del 777 della Malaysia Airlines può molto plausibilmente avere consentito ad un operatore remoto di “isolare” il personale di condotta eliminando anche qualsiasi emissione radio e facendo contemporaneamente depressurizzare il velivolo al fine di provocare il decesso di tutti gli occupanti. Nessun intervento dall’interno dell’aereo avrebbe potuto cambiare il destino dei passeggeri e dell’equipaggio.

Dopodiché l’aeromobile, complici radar curiosamente “cechi” e satelliti distratti, potrebbe essere stato dirottato verso un aeroporto logisticamente conveniente dove velivolo e passeggeri sono stati decommissionati e il prezioso cargo ritornato al suo legittimo e spietato proprietario. Curiosamente la base americana di Diego Garcia con le sue immense piste costruite per i B-52 ed i suoi radar dell’ultima generazione a lunghissimo raggio fu chiusa improvvisamente l’8 di marzo con un lock-down mai completamente spiegato. Ma lo stesso giorno una attività anomala riguardante un Boeing 777 viene segnalata anche all’aereoporto di Male nelle Maldive.

La realtà è che sul destino di questo “volo perfetto” non sapremo mai la verità perché anche i rumors provenienti dai servizi di informazione russi che avrebbero seguito e documentato l’evento in tutte le sue fasi sono stati rapidamente screditati come provocazioni prive di fondamento. Allo stato dei fatti, ritengo questa teoria forse la più plausibile e logica. I servizi segreti Usa, nelle loro molteplici declinazioni, hanno collezionato da sempre una serie di catastrofici flop nella gestione delle risorse umane e nella loro abilità di tradire i migliori e più leali amici. Peraltro ritengo che le tecnologie a loro disposizione abbiano consentito e tutt’ora consentano operazioni ben al di là della fantasia anche di un Tom Clancy: in entrambi i casi non è mai mancata la spietatezza necessaria a ritenere le vittime di queste operazioni solo irrilevanti danni collaterali.

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