C’è un cielo carico di nubi sopra Tor Bella Monaca, il quartiere simbolo della periferia romana, dove il grigio dei palazzoni è il colore predominante e l’unica narrazione possibile sembra essere quella del luogo catalizzatore dell’illegalità, del disagio, della povertà urbana. Sono i nuvoloni di una narrazione distorta, unidirezionale, che soffoca i 30mila abitanti sotto la cappa del pregiudizio e che riflette all’esterno un’immagine fondata sul percepito. Perché, salvo rare eccezioni, chi scrive di Tor Bella Monaca non ha mai percorso il quartiere che, nella sua geografia mentale, rappresenta probabilmente solo un punto sperduto e indefinito, dove i palazzoni della periferia lasciano il posto alla campagna romana.

Su Google, la digitazione di “Tor Bella Monaca” porta a uno scorrere incessante di eventi criminosi e solo nell’ultimo mese il nome del quartiere è stato accostato nei quotidiani alla vicenda del festival legato all’Estate romana (una presunta truffa dai risvolti inquietanti) e alla rivolta di numerosi cittadini di fronte all’arresto di due abitanti del quartiere e alla quale il ministro dell’Interno ha risposto: “Andrò personalmente a Tor Bella Monaca”.

Andando indietro nel tempo, non è difficile scoprire come la narrazione operata dai media su Tor Bella Monaca abbia dei quasi sempre tratti ricorrenti: toni sensazionalistici, trattazioni di episodi ed eventi legati alla criminalità, enfasi sulla devianza e sul degrado, lettura a senso unico. Una conseguenza pericolosa di questo processo è l’implicita criminalizzazione dei suoi residenti, sempre più ghettizzati e stigmatizzati come cittadini della periferia estrema, abitanti di un posto dove nessuno potrà sfuggire al destino di un’etichetta imposta dalla nascita.

Il “verosimile” di ciò che accade a Tor Bella Monaca e dell’identità del quartiere finisce così per sostituirsi al “vero”. Il verosimile fa notizia, soprattutto se accompagnato da un titolo a effetto che parla di malavita, spaccio, degrado. Il vero resta quasi sempre in silenzio e incarna il vissuto di esistenze resilienti che giornalmente agiscono per modificare il quotidiano. Nessuno può negare che Tor Bella Monaca sia un quartiere problematico, con uno dei più alti indici del disagio sociale registrati in Italia.

Caratterizzato dalla maggiore spinta demografica dell’intero Comune di Roma, ha un’altissima natalità e una forte presenza di persone di origine straniera, il reddito pro capite più basso della Capitale e una dispersione scolastica quasi doppia rispetto alla media cittadina. Muoversi con i mezzi pubblici da un estremo di Tor Bella Monaca a un altro può richiedere lo stesso tempo che spostarsi dalla Stazione Termini a Napoli Centrale e tutto ciò impatta sulla possibilità di tessere relazioni tra i suoi abitanti e di costruire reti.

Ma chi abita a Tor Bella Monaca, seguendo le parole di papa Francesco, ha un privilegio: quello di vedere meglio la realtà, e di viverla con dinamismo, rielaborarla, trasformarla. Ce lo dicono le tante importanti realtà che pullulano nel quartiere e che, senza un euro di denaro pubblico, offrono opportunità gratuite e di qualità. Ci sono scuole popolari per bambini e ragazzi, biblioteche gestite da volontari, arene dove si fa politica, palestre gratuite di break dance e spazi per l’infanzia. A Tor Bella Monaca ci sono giovani che si impegnano a scoprire la bellezza che va oltre il grigiore apparente, laboratori dove l’arte urbana la fa da padrona, eventi culturali di raro spessore. Ma tutto ciò evidentemente non basta, come non è sufficiente che una foresta ogni giorno cresca, per poterne fare una notizia con relativo titolo roboante.

Le grigie nuvole su Tor Bella Monaca potranno essere allontanate grazie alla brezza di sguardi positivi e di parole costruttive, che sappiano vedere e raccontare con nuova tonalità di voce e in maniera continuativa e non episodica il pulsare di una comunità che in realtà già respira segnali di speranza. Di questo ha bisogno il quartiere, non della passerella del ministro-poliziotto, ma semplicemente di qualcuno che inizi a riscoprire la sua bellezza quotidiana, ad assaporarla, per poterla narrare nelle sue diverse e composite forme. Solo così a Tor Bella Monaca, un giorno, splenderà pienamente il sole. Anche senza Matteo Salvini, anzi, soprattutto senza Salvini.

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