Da un po’ di giorni sul fattoquotidiano.it mi attirava un curioso articolo: Claudio Baglioni e la guida autonoma: “Mi preoccupa più di Sanremo”. Finalmente mi son deciso a leggerlo e mi permetto di aggiungere le mie considerazioni alle sue. Dichiaro da subito che sono un fervente sostenitore della robotica, dell’intelligenza artificiale e in particolare dei veicoli autonomi.

Non trovo inopportuno che Baglioni si esprima su questo e altri argomenti: se un giornalista gli fa domande, non vedo perché non debba rispondere. Anzi, trovo importante che lo faccia: presenta l’opinione di una persona estranea al settore, ma risaputamente di un uomo intelligente, sensibile e attento. Perciò i suoi timori vanno ascoltati con rispetto. D’altra parte sono condivisi da una miriade di articoli di giornali. Certe domande sono tutt’altro che impertinenti: su chi deve ricadere la responsabilità di un incidente causato da un veicolo autonomo? Questo è un tema attualissimo, dal punto di vista sia etico sia giuridico, alla faccia di chi pensa che le nuove tecnologie emarginino gli “umanisti”. Anche la domanda su chi (uomo o macchina) deciderà in caso di scelte estreme è argomento ampiamente studiato. Baglioni tocca anche il problema della “moralità” di queste macchine, e guarda caso anche questo è un problema di cui leggo regolarmente su riviste del settore: se l’alternativa è far morire il viaggiatore o i pedoni là fuori, cosa deve fare il veicolo? Siccome questa decisione dev’essere presa a freddo nella programmazione del sistema, sul progettista grava una responsabilità spaventosa.

Ma è proprio qui che rilevo un’incongruenza clamorosa; non di Baglioni, ma di tutti noi quando sfioriamo questi argomenti: ci preoccupiamo di come programmare una scelta di vita o di morte, ma non ci curiamo troppo del fatto che questa scelta venga fatta d’impulso ogni giorno da guidatori umani; o addirittura non venga fatta, per distrazione. Ci sconvolge la morte causata da un veicolo autonomo di Uber, ma le statistiche sugli incidenti “normali” ci lasciano abbastanza indifferenti (nel 2017, in Italia 3.378 morti, 25.315 nell’Ue, per non parlare dei feriti). Ci inquieta che a guidare sia un freddo calcolatore, ma sappiamo benissimo che in questo stesso momento stanno guidando migliaia di ubriachi. Ma allora, invece che delle automobili autonome non dovremmo aver paura delle automobili tout court? Tutto sommato, un veicolo autonomo può fare cose impossibili per un umano: osservare la strada senza batter ciglio, senza colpi di sonno; anzi, può osservare contemporaneamente la strada che ha davanti e anche dietro; e intanto controllare tutti gli strumenti. Nel suo addestramento sono entrati migliaia di incidenti, veri e simulati.

Ciò significa che tutti i problemi siano risolti? Assolutamente no! Ma è proprio per questo che la ricerca è affascinante. L’intelligenza artificiale sta progredendo a ritmi incredibili e lo studio su come controllarla deve andare di pari passo, anzi dovrebbe precedere gli avanzamenti tecnici, soprattutto in campo militare. Parliamoci chiaro: se non ci sarà un’intesa a livello internazionale del tipo della non-proliferazione nucleare (pur con tutti i suoi limiti evidenti) ci saranno nazioni che non andranno tanto per il sottile nello sviluppo di armi autonome. Anche lì, poi: ci fa paura il robot soldato (e tutti pensiamo a Terminator), ma dato per scontato che – almeno per adesso – delle forze armate non possiamo fare a meno, è più morale mandare a crepare degli esseri umani o delle macchine?

Volenti o nolenti, dovremo accettare l’intelligenza artificiale nel nostro futuro imminente; meglio allora non voltarsi dall’altra parte. Dal punto di vista tecnico-scientifico, poi, c’è da leccarsi i baffi: certi sistemi funzionano a meraviglia (penso in particolare a quelli di deep learning); eppure non ci sono ancora modelli soddisfacenti che ne giustifichino il successo. Molto probabilmente, come è successo in passato in altri campi, se tali modelli saranno disponibili porteranno a ulteriori salti di qualità. Per fortuna anche l’Unione Europea si sta attrezzando: l’impulso viene da un matematico da Medaglia Fields, Cédric Villani, e anche l’Italia farà la sua parte. Conto di parlarne in un prossimo post.

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