Portare il “prezzo del latte di pecora a un euro al litro più Iva”. È quello che chiedono i pastori sardi e quello che promette Matteo Salvini. Per farlo, il vicepremier insieme al ministro dell’Agricoltura, Gian Marco Centinaio, ha proposto un prezzo di 70 centesimi subito e 44 milioni di euro per il ritiro di 67mila quintali di forme di formaggio pecorino romano in eccedenza sul mercato che “in tre mesi porteranno il prezzo a un euro”. Secondo quanto apprende l’Ansa, questa è l’offerta che Salvini ha avanzato nel corso dell’incontro al Viminale con gli allevatori che in questi giorni organizzano i presidi e la protesta in Sardegna. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte lunedì aveva annunciato un tavolo per il 21 febbraio prossimo, dopo aver studiato “la misura più idonea per venire incontro alle loro ragioni legittime”. Ma Salvini ha anticipato tutti, a poco più di una settimana dalle elezioni regionali in Sardegna. In un post sul Blog delle Stelle firmato dai deputati M5s Filippo Gallinella e Luciano Cadeddu, rispettivamente presidente e membro della commissione Agricoltura, si legge che “non è un’emergenza di questi giorni e non può essere risolta con misure spot“.

La delegazione dei pastori non è però soddisfatta dalla proposta di Salvini: la richiesta è quella di arrivare subito ad un prezzo di un euro al litro. Il tavolo è stato sospeso per essere di nuovo convocato sabato in Sardegna, in concomitanza della visita del ministro dell’Agricoltura Centinaio. Le parti sono uscite amareggiate: l’industria del settore, secondo quanto si apprende, ritiene che l’offerta sia adeguata mentre i pastori sottolineano che persino in Grecia, dove la crisi è più forte, il latte ovino è pagato 90 centesimi al litro. Anche Assolatte lamenta che i 44 milioni arriveranno con i tempi lunghi della burocrazia e spiega che nel frattempo l’industria non può pagare subito i pastori. “Le parti si sono avvicinate, il governo ha già messo a disposizione soldi e la possibilità di approvare un decreto urgente, contiamo che entro poco tempo la produzione riprenda e strade, stalle e aziende ritrovino la serenità”, ha commentato Salvini.

Per comprare i 67mila quintali di pecorino il Viminale dovrebbe mettere a disposizione 14 milioni di euro, il Ministero dell’Agricoltura 10 milioni, la Regione Sardegna altri 10 milioni e i restanti 10 milioni dal banco di Sardegna. Questo ritiro, secondo Salvini e Centinaio, farà salire il prezzo del pecorino e di conseguenza del latte ovino, che nel tempo dovrebbe raggiungere il prezzo di un euro al litro. Nel frattempo si propone di far salire di 10 centesimi l’attuale prezzo di 60 centesimi al litro. “È chiaro che i benefici economici del ritiro – ha detto Salvini – ci metteranno almeno tre mesi” per dispiegarsi. “Ma fra tre mesi arriveremo a un euro”.

In Sardegna si trova il 40% delle pecore allevate in Italia che producono quasi 3 milioni di quintali di latte, destinato per il 60% alla produzione di pecorino romano Dop. L’anno scorso “ne sono stati prodotti 340mila quintali, mentre il mercato ne poteva assorbire 280mila l’anno”, spiegava a ilfattoquotidiano.it Luca Saba, direttore di Coldiretti Sardegna. Ecco quei 60mila quintali in più che Salvini propone ora di far comprare allo Stato. Infatti, è dalla sovrapproduzione che è partito il cortocircuito che ha portato il prezzo a 60 centesimi. “Su 35 caseifici, 33 hanno sforato il tetto” stabilito dal Consorzio di tutela del Pecorino romano Dop , continuava Saba, perché le sanzioni per la sovrapproduzione sono basse e perché a gennaio 2018 il mercato era in fase espansiva con una domanda notevole. A giugno 2018 il prezzo del pecorino però è crollato. “Tutto il mondo della trasformazione – commentava Saba – ha scaricato la responsabilità imprenditoriale sulla base produttiva (i pastori), attribuendo alla campagna 2019 un prezzo (60 centesimi) al di sotto dei costi di produzione, che non dovrebbe essere inferiore agli 80 centesimi al litro”. Intanto, proprio l’Antitrust ha aperto un’istruttoria sui prezzi del latte sardo di pecora destinato alla produzione di pecorino romano Dop. Un procedimento proprio nei confronti del Consorzio per la tutela del formaggio pecorino romano e di 32 imprese di trasformazione ad esso aderenti, tutte con sede nell’isola.

La richiesta dei pastori e la promessa di Salvini
“Da 60 centesimi a un minimo di 1 euro al litro, è questo dove spero di arrivare questa sera e non mi alzerò dal tavolo sul latte fino a quando non lo ottengo”, ha detto il vicepremier Salvini, prima della riunione al Viminale. “In Sardegna – ha aggiunto – si deve poter tornare a mungere, vendere e viaggiare in macchina e non tollero che per altre settimane ci siano strade bloccate“. La sua promessa equivale alla richiesta avanzata dalla delegazione dei pastori sardi che in attesa di salire al Viminale hanno detto: “Ci aspettiamo che si arrivi alla definizione di un prezzo del latte di pecora a 1 euro al litro più Iva, alla programmazione della produzione e al commissariamento dei tre consorzi di tutela delle nostre Dop” ovvero Pecorino romano, Pecorino sardo Fiore sardo. “Andremo avanti fino a quando non raggiungeremo gli obiettivi”, ha affermato Leonardo Salis, presidente di una coopeerativa di Dorgali in provincia di Nuoro. “Stiamo lavorando sottocosto a 60 centesimi al litro e non ce la facciamo più“. Quanto alle misure che il governo può adottare nell’immediato i pastori indicano “il ritiro delle giacenze del Pecorino Romano”.

Il blog M5s: “Serve risposta strutturale”
“Nei prossimi giorni saremo insieme ai cittadini e agli allevatori sardi per confrontarci sul dramma della cosiddetta crisi dei prezzi del latte ovino e caprino. Su questo fronte il M5s è al lavoro dall’inizio della legislatura, nella consapevolezza che la questione del dumping ai danni dei pastori, costretti a vendere il loro latte a cifre che non coprono neanche i costi, non è un’emergenza di questi giorni e non può essere risolta con misure spot”, si legge sul Blog delle Stelle. “Quelle 12mila aziende agropastorali sono il fiore all’occhiello dell’economia sarda e hanno diritto a una risposta strutturale ai problemi che denunciano. Certo, c’è bisogno di scongiurare il dramma concreto e attuale delle migliaia di famiglie che rischiano di non avere più mezzi di sostentamento, ma l’esperienza passata ci conferma che senza rimuovere alla radice le cause il problema presto si ripresenterebbe in tutta la sua drammaticità”, sottolineano i deputati Gallinella e Cadeddu. “Siamo così consapevoli di questa necessità che, ben prima dell’acuirsi della protesta – continua il blog – in commissione Agricoltura alla Camera abbiamo iniziato a esaminare una risoluzione del Movimento 5 Stelle finalizzata a ottenere, come già avviene in altri ambiti, la piena e completa tracciabilità“.

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