di Vittorio Daniele

La flat tax ai pensionati che torneranno in Italia per vivere nei piccoli comuni del Mezzogiorno può rivelarsi completamente inutile se non ci saranno investimenti pubblici per migliorare servizi utili ai pensionati come sanità e trasporti.

1. Attrarre pensionati al Sud

La Legge di bilancio per il 2019 prevede che i pensionati che dall’estero spostino la residenza nei comuni del Mezzogiorno con popolazione non superiore ai 20mila abitanti possano beneficiare di una tassazione agevolata (flat tax al 7%) per cinque anni. Questa misura, che andrebbe a favore dei piccoli centri meridionali in via di spopolamento, è motivata dal fatto che molti Paesi prevedono agevolazioni fiscali per attrarre pensionati dall’estero. È il caso del Portogallo, in cui i residenti “non abituali” sono esentati dalle imposte sulla pensione per dieci anni. Naturalmente, i pensionati non sono solo attratti dai Paesi che offrono vantaggi fiscali, ma anche da quelli con minore livello dei prezzi. Prezzi più bassi e minore tassazione si traducono in un innalzamento del tenore di vita.

È difficile dire se l’agevolazione fiscale sarà in grado di incentivare i pensionati stranieri a trasferirsi al Sud. Si può però ricordare come le regioni meridionali, oltre alle caratteristiche climatiche, offrano già un vantaggio che potrebbe attrarre pensionati da altre regioni o anche dall’estero. Al Sud, infatti, soprattutto nei piccoli centri, il livello dei prezzi è significativamente più basso rispetto al resto del Paese.

2. Pensioni, potere d’acquisto e povertà

Le ricerche dirette a quantificare la differenza nei prezzi medi tra Nord e Sud risalgono ad alcuni anni addietro. Secondo le stime, che variano per ragioni metodologiche, nelle regioni del Mezzogiorno il livello dei prezzi sarebbe più basso del 13-17% rispetto al Centro-Nord. In assenza di indici dei prezzi al consumo per area geografica relativi agli ultimi anni, una quantificazione indiretta, seppur approssimativa, può essere ottenuta usando la soglia di povertà assoluta definita dall’Istat. Tale soglia viene calcolata considerando il prezzo di un paniere di beni e servizi ritenuto essenziale per condurre una vita dignitosa ed è definita sulla base del numero dei membri della famiglia, della ripartizione geografica e della tipologia del comune di residenza.

I beni e servizi del paniere essenziale sono suddivisi in tre capitoli di spesa: alimentare, abitativo e un terzo, denominato residuale, che include il minimo necessario per arredare e manutenere l’abitazione, vestirsi, comunicare, informarsi, spostarsi, istruirsi e mantenersi in buona salute. Una famiglia è assolutamente povera se sostiene una spesa mensile per consumi pari o inferiore al valore monetario del paniere.

Nel 2017, la soglia di povertà assoluta, calcolata per una persona di età compresa tra 60 e 74 anni abitante in un “piccolo comune”, era di 710 euro mensili al Nord, di 680 euro nelle regioni del Centro e di 534 euro mensili al Sud. In altre parole, nel Sud il paniere usato per definire la soglia di povertà aveva un prezzo inferiore del 25% rispetto a quello del Nord e di circa il 20%  rispetto al Centro Italia. Si tratta di differenze significative, particolarmente per le persone con redditi bassi.

Continua su economiaepolitica.it

Articolo Precedente

Prodotti finanziari, 800mila italiani hanno sottoscritto un Pir. Ma sono consapevoli dei rischi?

next
Articolo Successivo

Recessione, di chi è davvero la colpa

next