Da Nord a Sud in Italia si assiste a “una violazione sistematica delle regole del codice degli appalti” con una “massiccia infiltrazione delle organizzazioni criminali” dimostrata dai “numeri elevatissimi di imprese sottoposte a interdittiva antimafia che tuttavia rimangono a dover operare sul territorio perché non c’è alternativa”. Questa la situazione degli appalti pubblici in Italia descritta dal presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone nel corso dell’audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.

I PUNTI CRITICI SUGLI APPALTI – “Abbiamo rilevato numerosissime e reiterate criticità che riguardano sia la fase di programmazione – ha detto Cantone – sia quelle di aggiudicazione e di esecuzione degli appalti”. I bandi di gara sono spesso caratterizzati “dal meccanismo dell’abito su misura, con l’indicazione sostanzialmente di chi dovrà vincere”. Un esempio è quanto accaduto con l’Ato6 in Toscana. “Si sono verificati gravissimi episodi di corruzione – ha ricordato il presidente dell’Anac – con un bando per un affidamento di 20 anni costruito in modo che ci fosse un unico soggetto che partecipasse e vincesse, cosa poi accaduta. Il commissariamento è stato eseguito per due anni ed è al termine, ma l’appalto continua più o meno irregolarmente”.

IL MECCANISMO DELLE PROROGHE – Oltre alla sistematica violazione delle regole, l’Anac registra un “significativo utilizzo indebito del meccanismo della proroga tecnica che – sottolinea Cantone – non esiste nel codice degli appalti e di ordinanze contingibili e urgenti, che rappresentano la base stessa di proroghe”. Il sistema delle proroghe dura da anni. “Ci sono operatori – spiega il presidente dell’Anac – ormai consolidati che danno per scontato che un affidamento temporaneo sia diventato un monopolio definitivo”. Secondo Cantone una delle possibili soluzione potrebbe essere quella di dividere gli appalto in lotti. “Costruire un appalto unico per un intero Ato (Ambito territoriale ottimale) o Aro (Ambito di raccolta ottimale) è un’impresa ai limiti dell’impossibile” commenta. Questo perché si tratta di aree molto vaste, che abbracciano comuni con esigenze spesso diverse tra loro. Non solo. “Solo pochi operatori sono in grado di offrire un servizio su così larga scala” spiega Cantone, sottolineando come l’obiettivo sia quello di “impedire i cartelli” e permettere che anche realtà più piccole possano partecipare alle gare.

LE INFILTRAZIONI CRIMINALI – Secondo Cantone è necessario un ripensamento da punto vista normativo. “Fino a quando il sistema degli appalti non sarà regolarizzato – ha sottolineato il presidente dell’Anac – si verificheranno massicce infiltrazioni di organizzazioni criminali”. E questo non è un problema che riguarda solo le regioni con una tradizionale (o meno tradizionale e più economica) presenza sul territorio della criminalità organizzata. Sono state interdette anche imprese in Umbria. “Il tema dell’infiltrazione mafiosa o paramafiosa nel sistema dei rifiuti – ha spiegato Cantone – è diventato quasi costante nonostante l’impegno forte delle prefetture e, in certi contesti, è difficile individuare soggetti che possano sostituire le imprese interdette”.

I CAM, AD OGGI LETTERA MORTA Cantone ha anche parlato dell’introduzione negli appalti dei Criteri ambientali minimi (Cam), obbligatoria per legge, ma nei fatti ancora molto eterogenea nel nostro Paese: “I Cam sono un passaggio epocale negli appalti ma richiedono oneri rilevantissimi per la loro implementazione”. Rappresentano dunque “una linea di principio auspicabile, che per ora si è però tradotta in  un nulla di fatto”. D’altro canto “se qualcuno oggi provasse a imporre i Cam, il sistema degli appalti sarebbe bloccato. Ecco perché dobbiamo mettere in condizioni gli enti locali di renderli attuabili”. Il presidente della Commissione Ecomafie Stefano Vignaroli ha sottolineato il potenziale dei Criteri ambientali minimi “che indirizzando la domanda pubblica – ha spiegato – possono orientare le imprese verso pratiche di maggiore sostenibilità, a partire dall’utilizzo di materie riciclate. In questo senso, ci faremo promotori di attività che facilitino la loro applicazione”.

LE DISCARICHE SOTTO PROCEDURA D’INFRAZIONE – Nel corso dell’audizione il commissario straordinario discariche abusive, Giuseppe Vadalà ha fatto il punto sulle 80 discariche abusive presenti sul territorio italiano sotto procedura d’infrazione da parte dell’Europa e affidate, nel marzo 2017, al Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi necessari all’adeguamento alla normativa vigente. Sono 28 quelle bonificate “a cui speriamo – ha detto – di aggiungere gli altri 8 siti” e su cui si attende il parere dell’Ue. Rimangono, dunque, da bonificare 44 siti. Nel 2019, annuncia Vadalà, si prevedono altre 20 bonifiche: “10 entro giugno e altre 10 entro dicembre”. Per completare tutti i siti “2020 e 2021 ci vorranno tutti e forse anche qualcosina in più”.

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