L’ultima novità, inserita in extremis nel maxi emendamento del governo il 22 dicembre, è il saldo e stralcio dei debiti fiscali e contributivi di chi è in comprovata difficoltà economica, la famosa “pace fiscale” cara alla Lega. Ma, per i contribuenti, la manovra 2019 porta in dote anche la flat tax al 15% riservata agli autonomi che quest’anno non abbiano superato i 65mila euro di ricavi. Sempre al 15% (rispetto al 24% ordinario) scenderà l’Ires per le imprese che reinvestono gli utili in beni strumentali nuovi o assunzioni. Beneficio che però andrà in parallelo con l’abrogazione dell’Aiuto alla crescita economica (Ace) introdotto da Monti, che premiava la ricapitalizzazione delle imprese, e dell’Iri, un’imposta del 24% sul reddito imprenditoriale che dal 2019 sarebbe stata applicata agli utili reinvestiti dalle piccole aziende sostituendo l’Irpef. Per i gruppi con fatturato oltre 750 milioni e ricavi da servizi digitali oltre 5,5 milioni scatterà poi una web tax del 3%, la cui attuazione è pero rinviata a a un decreto del Tesoro da emanare entro aprile di concerto con quello dello Sviluppo.

Sconti dall’65 all’84% per chi ha Isee fino a 20mila euro o è in crisi da sovraindebitamento – La pace fiscale per chi ha dichiarato il dovuto ma poi non ha pagato potrà essere richiesta solo dai contribuenti con un Isee sotto i 20mila euro e per sanare debiti – affidati all’agente della riscossione tra gennaio 2000 e dicembre 2017 – che derivano dal mancato versamento di imposte indicate nelle dichiarazioni annuali o di contributi sia all’Inps sia alle casse professionali. Potranno regolarizzare la propria posizione versando il 16% del dovuto (quindi con uno sconto dell’84%) quelli che hanno un Isee fino a 8.500 euro, mentre l’aliquota sale al 20% (80% di sconto) per i nuclei con Isee fino a 12.500 euro e al 35% (65% di sconto) per quelli con Isee da 12.501 a 20mila euro. Il tutto senza sanzioni e interessi di mora. Saranno considerati “in comprovata difficoltà economica” anche i contribuenti per i quali sia stata aperta una procedura di liquidazione dei beni per sovraindebitamento: in questo caso per estinguere i debiti basterà versare solo il 10% del totale dovuto. La richiesta andrà presentata entro il 30 aprile 2019 e le somme potranno essere versate in un’unica soluzione entro il 30 novembre 2019 o a rate con interessi del 2% annuo: il 35% entro il 30 novembre 2019, il 20% entro il 31 marzo 2020, il 15% entro il 31 luglio 2020 e altrettanto in due rate entro il 31 marzo 2021 e il 31 luglio 2021.
L’estinzione agevolata può essere richiesta anche per i debiti già oggetto di precedenti rottamazioni ma per i quali il contribuente non abbia finito di pagare le rate.

A regime Erario e casse ci perdono – La Relazione tecnica sottolinea che, per quantificare il maggior gettito atteso, al valore dei crediti residui che rientrano nel perimetro potenziale del saldo e stralcio è stata applicata una forte riduzione (80%) perché “buona parte dei contribuenti, oltre a presentare debiti riconducibili per loro natura a quelli rientranti nell’ambito oggettivo della misura, presentano debiti di altra natura“, per esempio “derivanti da attività di accertamento degli enti creditori” o “affidati da enti creditori diversi da Agenzia delle entrate, Inps e Casse previdenziali”, e per loro “si determinerà una riduzione dell’appeal della misura non essendo risolutiva dell’intera esposizione debitoria verso l’agente della riscossione”. Poi occorre tener conto del fatto che la pace fiscale ridurrà le richieste di accesso alla rottamazione ter, appena disciplinata dal decreto fiscale collegato alla manovra, e farà calare anche gli introiti della rottamazione bis. Di conseguenza il gettito aggiuntivo atteso si riduce, per quanto riguarda i ruoli erariali, a soli 7 milioni nel 2019 e 2020 e diventa negativo (-19) nel 2021. Nel 2022 e 2023 l’Erario ci perderà 169 milioni di euro l’anno. L’Inps incasserà 36 milioni in più nel 2019 e 2020 e 17 in più nel 2021, ma dal 2022 avrà un impatto negativo per 94 milioni. Mentre per le casse di previdenza ci saranno solo perdite: -5 milioni nel 2019 e 2020, -6 nel 2021, 13 nel 2022 e 2023. Facendo le somme, nel quinquennio l’operazione comporta minori entrate per 487 milioni di euro.

Flat tax al 15% per autonomi con redditi 2018 sotto i 65mila euro  – Rispetto agli annunci pre-elettorali della Lega, la flat tax esce molto ridimensionata. Nella manovra c’è infatti solo l’ampliamento del regime forfettario con aliquota al 15% già in vigore dal 2015 per partite Iva e commercianti sotto alcune soglie di reddito. Dal 2019 si applicherà a tutti gli autonomi che “l’anno precedente hanno conseguito ricavi ovvero percepito compensi” non superiori a 65mila euro. Formulazione che, come evidenziato dal Corriere della Sera, consentirà di accedere al regime agevolato anche a chi nel 2019 percepirà redditi molto più alti rispetto al tetto: in quel caso il contribuente perderà il beneficio solo l’anno successivo e non dovrà restituire nulla. Il Sole 24 Ore ha calcolato peraltro che al superamento della soglia si determinerà un forte disincentivo a dichiarare redditi aggiuntivi: nel momento in cui rientra nel regime Irpef standard, per avere lo stesso introito netto di cui godrà con l’aliquota al 15% chi guadagna 65mila euro dovrebbe incassare il 25% in più, oltre 81mila euro.

Sono comunque esclusi dal forfettario i piccoli imprenditori o professionisti che contemporaneamente partecipano a “società di persone, associazioni o imprese familiari“. Nel caso di partecipazione a srl o associazioni in partecipazione, l’esclusione è prevista solo se detengono la quota di controllo e se l’attività esercitata non è collegabile a quella svolta individualmente. Il beneficio per i contribuenti (e dunque i mancati introiti per l’Erario) è stimato in 331,5 milioni nel 2019, 1,8 miliardi nel 2020 e poco meno di 1,4 miliardi dal 2021. Dal 2020 è poi prevista l’introduzione di un’imposta sostitutiva del 20% anche agli autonomi e professionisti con redditi compresi tra 65.001 e 100mila euro.

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