Toscana andata e ritorno. Nella terra dove partì la scalata al potere del giovane sindaco di Firenze, è iniziata la “derenzizzazione” del Partito Democratico. Molti ex renziani della prima ora, infatti, al prossimo Congresso sosterranno il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e lo faranno da “gentiloniani”, nel senso dell’ex premier Paolo Gentiloni che ha rotto ormai da diversi mesi con l’ex segretario del Pd. A capeggiare il folto numero di renziani pentiti è l’ex deputato dem, Federico Gelli, che venerdì scorso ha convocato una conferenza stampa per annunciare il suo appoggio a Zingaretti e per chiedere di non essere più accostato a Matteo: “In Toscana i renziani non esistono più – ha detto – la storia ha voltato pagina”.

La diaspora dei renziani – Ma non c’è solo Gelli ad aver abbandonato i renziani per salire sul carro del governatore del Lazio: oltre a lui anche tre assessori regionali della giunta Rossi (Federica Fratoni, Cristina Grieco e Marco Remaschi), i due consiglieri regionali Francesco Gazzetti e Monia Monni, l’ex responsabile Enti Locali Stefano Bruzzesi e la senatrice fiorentina Rosa Maria Di Giorgi che, in polemica con il fronte renziano, all’ultimo congresso regionale di ottobre aveva addirittura deciso di sostenere il candidato della minoranza dem, Valerio Fabiani. Non solo: secondo quanto conferma una fonte dem al fattoquotidiano.it, molti ex renziani toscani “stanno solo aspettando l’inizio del nuovo anno per abbandonare l’ex premier”. I “gelliani” si vanno ad aggiungere alla schiera già folta di rappresentanti della minoranza dem – come la consigliera regionale Alessandra Nardini o il piombinese Fabiani – che avevano annunciato da tempo il loro sostegno a Zingaretti.

Gelli: “Dopo le sconfitte, bisogna cambiare” – Il leader di questo smottamento interno al fronte renziano è Federico Gelli, di professione medico ed ex responsabile Sanità del Pd proprio sotto la segreteria di Matteo Renzi. I rapporti tra i due, però, hanno iniziato a vacillare un anno fa quando l’allora segretario del Pd chiese a Gelli di lasciare il suo seggio a Montecitorio per candidarsi a sindaco di Pisa in vista delle amministrative di giugno, poi vinte dal centrodestra leghista. Gelli rifiutò e l’ex segretario del Pd per ripicca decise di escluderlo dalle liste per il Parlamento provocando la prima rottura tra i due. “Personalmente non rinnego nulla rispetto alle cose positive che abbiamo fatto nella scorsa legislatura e in quella maggioranza – spiega Gelli al fatto.it – Oggi però mi sembra evidente che c’è una sola figura in grado di intraprendere un cammino riformista e di rilancio del centrosinistra nel nostro paese: Nicola Zingaretti”.

Poi il presidente del Centro servizi volontariato Toscana (Cesvot) va all’attacco della classe dirigente renziana: “Quando un partito accumula una quantità inenarrabile di sconfitte – continua Gelli – l’unica possibilità è quella di fare una profonda autocritica e muoversi verso un profondo cambiamento: non si può pensare che non sia successo nulla. Io, rispetto a Renzi, ho in mente un progetto politico molto diverso per la Toscana: ci vuole un partito più inclusivo e una maggiore discontinuità con il passato. Per questo ho deciso di sostenere Zingaretti”. Secondo Gelli, inoltre, il congresso nazionale di marzo potrebbe avere conseguenze dirette anche sulle elezioni amministrative di Firenze, Livorno e Prato del maggio prossimo: “È chiaro che se il risultato in Toscana dovesse essere favorevole a Zingaretti, la segretaria renziana Simona Bonafè dovrà prenderne atto e misurarsi con questa novità – conclude l’ex deputato dem – Lei non si dovrà dimettere ma dovrà adottare una linea diversa rispetto a quella tenuta fino ad oggi”.

La “derenzizzazione” del Pd toscano – Lo sfaldamento nel fronte renziano del Pd toscano era iniziato alla vigilia del Congresso regionale che si è celebrato ad inizio ottobre. Nei mesi di giugno e luglio, Renzi aveva deciso di delegare ai suoi fedelissimi, Luca Lotti e Antonello Giacomelli, la gestione del congresso regionale e l’individuazione di un nome in grado di unire tutto il partito. Problema: una parte degli ex renziani, quelli che oggi sostengono Zingaretti, avevano deciso già allora di non appoggiare un candidato voluto da Renzi proprio a causa della sua gestione “verticistica e autoritaria” del partito toscano.

La prima spaccatura interna si era verificata quindi  sul nome del candidato al congresso: dopo settimane di tensioni, veleni e attacchi a mezzo stampa, i renziani avevano candidato Bonafè a cui inizialmente si era contrapposto lo stesso Gelli. Quest’ultimo però era stato convinto proprio da Renzi a non presentarsi con la promessa di un ticket con Bonafè. Eppure, pochi giorni dopo, l’accordo era saltato per volontà dei fedelissimi di Renzi che avevano tagliato i “gelliani” dalle liste in vista delle primarie del 14 ottobre, poi vinte da Bonafè. Ed è a quel punto che si è verificata la prima “scissione” nel mondo renziano: i due consiglieri regionali Gazzetti e Monni si imbavagliarono in un video postato su Facebook e lanciarono “Radio Londra”, un format per criticare settimanalmente la gestione del partito toscano. Ora la scelta definitiva: i renziani in Toscana si contano sulle dita di una mano.

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