C’è la “legge Bramini” che riequilibra le situazioni di credito e debito degli imprenditori con la Pubblica amministrazione. Vengono aboliti il Sistri e il Registro unico del lavoro. Ma, almeno per il momento, non c’è la riforma del codice degli appalti che andrà in Parlamento con una legge delega. Sono le decisioni del consiglio dei ministri che ha approvato il decreto Semplificazioni, ma ha deviato l’opera di sburocratizzazione e semplificazione delle norme dei lavori pubblici su un iter di legge delega, percorso meno diretto rispetto al disegno di legge. Una prima revisione delle regole sugli appalti era prevista nelle bozze dei due testi (un ddl e un decreto) che compongono il quadro delle semplificazioni, ma poi è saltata.

Al consiglio dei ministri era presente il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio, ma non l’altro, Matteo Salvini, impegnato in una visita ufficiale in Israele. Ma al tavolo c’era il ministro dell’Economia Giovanni Tria che ha proposto e fatto approvare la risposta “nera su bianco” – come dicono fonti di Palazzo Chigi – da inviare alla Commissione Europea sulla manovra finanziaria. Dopo la riunione a Palazzo Chigi era stata annunciata una conferenza stampa per illustrare i vari provvedimenti, ma è stata annullata per la colazione di lavoro del presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dei ministri competenti al Quirinale con il presidente della Repubblica, consueta alla vigilia di un Consiglio Europeo (che comincia domani).

Il decreto Semplificazioni è composto da 10 articoli e prevede tra l’altro la proroga del prestito di 900 milioni concesso ad Alitalia: il finanziamento, si legge, “è rimborsato entro trenta giorni dall’intervenuta efficacia della cessione dei complessi aziendali”. La prima misura è il sostegno alle piccole e medie imprese creditrici delle pubbliche amministrazioni con una dotazione iniziale di 50 milioni di euro destinata a “interventi di garanzia, a condizioni di mercato” in favore delle piccole e medie imprese che sono “in difficoltà” nella restituzione delle rate di finanziamenti già contratti con banche e intermediari finanziari. E’ la cosiddetta “legge Bramini“, dal nome dell’imprenditore lombardo diventato simbolo della battaglia di chi aspetta soldi dallo Stato e va in difficoltà economica, compresa quella fiscale.

Tra le altre misure previste dal decreto la cancellazione del Sistri, Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, “un registro che in realtà non ha mai tracciato i rifiuti, ha soltanto reso la vita un inferno a tante imprese” dice il ministro Di Maio. Il Sistri era stato istituito nel 2010 ma non è mai entrato effettivamente in funzione. L’eliminazione è stata decisa dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa, scelta già anticipata all’inizio dell’insediamento del governo. “Il Sistri è stato uno dei più grandi sprechi nella gestione dei rifiuti speciali – ha detto Costa -, un sistema mai entrato effettivamente in funzione, che però ha comportato costi sostenuti dalle imprese coinvolte e dallo Stato, che hanno superato i 141 milioni di euro dal 2010 ad oggi”.

Dal 2010 al 2014 sono stati fatturati 290 milioni, di cui quasi 90 pagati. Dal 2015 al 2018 fatturati 66 milioni, pagati 51. Attualmente era in corso un affidamento da 260 milioni in 5 anni, che viene quindi sospeso cancellando il Sistri. “Il Sistri aveva lo scopo, assolutamente condivisibile e anzi necessario, di tracciare l’intero sistema di rifiuti speciali del Paese, ma non è mai stato operativo – continua Costa – Nel frattempo le imprese aderenti, quelle con più di 10 addetti, hanno dovuto pagare iscrizioni, adeguamenti tecnologici, aggiornamenti per i mezzi e per il personale e infilarsi in un ginepraio di norme, sanzioni, poi sospese, poi riattivate, quindi nuovamente sospese, esenzioni, eccezioni, nuovi obblighi: insomma un inferno normativo durato otto anni”.

Dal primo gennaio 2019 il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti sarà gestito in maniera diretta dal ministero dell’Ambiente e, fino alla sua piena operatività, i titolari soggetti alla tracciabilità dovranno continuare a usare il medesimo sistema utilizzato ora, quello cartaceo. “Abbiamo calcolato che attualmente è assicurata la tracciabilità del 65 per cento dei rifiuti speciali. L’obiettivo è arrivare almeno al 90 per cento, risparmiando soldi e tempo per le aziende”. Il nuovo Sistri, gestito dal ministero, costerà circa 3 milioni di euro l’anno. “Si deve entrare in una sorta di Sistri 2.0 che digitalizzi l’intera tracciabilità dei rifiuti e i documenti fiscali, superando in tal modo il doppio binario cartaceo/digitale e il registro di carico e scarico”.

E’ prevista anche l’istituzione di un “comitato contro l’inerzia e le inefficienze” della pubblica amministrazione a cui si potranno rivolgere imprese, cittadini ma anche le stesse amministrazioni, qualora un procedimento amministrativo risulti bloccato. Il comitato dovrà valutare infatti se la dilatazione dei tempi è fisiologica o dovuta a una inerzia di chi sta gestendo il procedimento.

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