Lingua di manzo con spuma d’ostrica e salicornia. Seppia ripiena di animelle di agnello con formaggio di capra. Gelato al latte acido, crumble di porcini, prugne e granita al prezzemolo. Vi sembrano accostamenti azzardati? In apparenza lo sono. Ma l’equilibrio e il sapore di ciascuno sono sempre di altissimo livello, perché ogni ingrediente, ogni elemento, sembra essere valorizzato nella (e dalla) armonia della composizione del piatto. Nota negativa, doverosa, tra le 11 portate: il filetto di trota coperto, completamente, dalla barbabietola all’aceto di tonka, dall’olio alla menta e dall’acetosella (la trota al cartoccio, appena pescata dal fiume Brembo, è molto più buona).

Servizio: voto 9
Vini: voto 9,5 (in ordine: Guerila, Castra, 2015; Keltis, pinot grigio, 2012; Sumenjak, sauvignon; Batic, Zaria, 2017; Krapez, merlot, 2013; Stemberger, terrano, 2015; Rumeni Muškat, Korenina&Moskon, 2013).
Cena: voto 9.  Valutazione alta anche per “l’esperienza” intesa in senso complessivo: la chef esce dalla cucina, saluta, chiede ai clienti se la cena vada bene e alla fine è possibile fare un salto in cucina e parlare con uno dei tredici componenti della brigada (di 12 nazionalità diverse).
Prezzo: 150 euro (11 portate), 135 (otto portate). 75 euro l’abbinamento dei vini con la prima opzione, 60 euro con la seconda.

 

 

*Foto di copertina, del locale e di Ana Roš coi collaboratori: Benjamin Schmuck

 

 

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Ana Roš, com’è cenare dalla chef migliore al mondo tra divieto d’ingresso ai vegetariani e lingua di manzo con ostriche

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