Quasi 22 miliardi di maggior deficit, una stretta fiscale su banche e assicurazioni, l’abrogazione dell’imposta agevolata sul reddito imprenditoriale (Iri) che avrebbe dovuto scattare nel 2019 e l’addio all’Aiuto alla crescita economica. Poi una timida spending review e una serie di interventi “tradizionali” come l’aumento dei prelievi sui giochi e sui tabacchi e le dismissioni immobiliari. Ma anche una parte dei ricchi proventi dell’asta delle frequenze 5G e un’ultima voce, solo potenziale: gli eventuali risparmi di spesa sulle risorse stanziate per reddito di cittadinanza e quota 100. È il menù delle coperture della legge di Bilancio da 37 miliardi lordi (tra maggiori spese e minori entrate) arrivata in Parlamento l’1 novembre con due settimane di ritardo sulla tabella di marcia.

Clausola salva spesa su reddito e quota 100. Via il blocco per gli enti locali – Nel corso delle ultime limature, al testo è stata aggiunta una clausola in base alla quale se lo Stato spenderà meno di 9 miliardi per il reddito e meno di 6,7 per il superamento della Fornero i soldi non utilizzati potranno essere destinati ad altro. Compreso, per esempio, il contenimento del deficit/pil su cui è in corso un braccio di ferro con la Commissione europea. Nella manovra inoltre non viene prorogato il blocco di addizionali locali e Imu sulle seconde case. Regioni e Comuni potranno quindi aumentare le aliquote fino ai livelli massimi: 3,3% per l’addizionale Irpef regionale, 0,8% per quella comunale (con l’eccezione di Roma dove è già allo 0,9%) e 10,6% per Tasi e Imu.

La stretta sulle banche e la brutta sorpresa per le assicurazioni – Confermata la stretta fiscale su banche e assicurazioni. Il governo rinvia al 2026 la deduzione del 10% dell’ammontare delle svalutazioni e perdite su crediti ai fini dell’Ires e dell’Irap, con un recupero di gettito che la relazione tecnica stima in 950 milioni nel 2019. Viene poi spalmata su dieci anni la deducibilità della riduzione di valore dei crediti e delle altre attività finanziarie dovuti ai nuovi principi contabili Ifrs 9 (International Financial Reporting Standard), cosa che comporterà il prossimo anno un maggior gettito di 1,17 miliardi per le casse pubbliche anche se in seguito le deduzioni produrranno un ammanco di 130 milioni l’anno. In più la deducibilità del valore di avviamento e delle altre attività immateriali viene annullata per il 2018 e differita spalmandola, anche in questo caso, sul decennio 2019-2029. La Relazione tecnica spiega che il valore di queste poste nei bilanci degli operatori bancari e finanziari è di 40,6 miliardi e la nuova norma farà sì che paghino 739,4 milioni in più già quest’anno, 845 nel 2019 e 739 nel 2020. Più salato, rispetto alle anticipazioni, il conto per le compagnie assicurative: l’aliquota di acconto dell’imposta sui premi incassati salirà l’anno prossimo dal 59 all’85%, per poi passare al 90% nel 2020 e al 100% dal 2021. Nel Documento programmatico di bilancio per il 2019 era indicata un’aliquota più bassa, del 75%. L’effetto finanziario, nel 2019, sarà positivo per 832 milioni.

Dall’asta delle frequenze 3,7 miliardi più del previsto – Un’altra importante voce di entrate saranno i maggiori incassi, rispetto alle previsioni, realizzati con l’asta delle frequenza 5g. Gli introiti preventivati erano di 2,5 miliardi, ma con i rilanci fatti a fine settembre dalle compagnie telefoniche il bottino per lo Stato è lievitato a 6,2 miliardi. Gli operatori comunque li pagheranno a rate: 1,25 miliardi già quest’anno, 50 milioni nel 2019, 300 nel 2020, 150 nel 2021 e il saldo nel 2022. L’anno prossimo il governo scommette poi di riuscire a ricavare 640 milioni dalla vendita di immobili pubblici, con le usuali incognite legate all’appeal del mattone pubblico per eventuali acquirenti privati.

Su le tasse su giochi e tabacchi, abrogate l’Iri e l’Ace – Un’altra fetta di coperture arriverà dall’ulteriore aumento dello 0,5% del Prelievo erariale unico su slot e videolotteries, già incrementato di uno 0,25% dal Decreto dignità. Dal prossimo anno la tassa salirà dunque dal 19,25 al 19,75% e quella sulle vlt dal 6,25 al 6,75 per cento, portando un maggior gettito di 240 milioni. Maggiori entrate deriveranno anche dall’abrogazione dell’Imposta sul reddito imprenditoriale (Iri), un trattamento fiscale forfettario al 24% che avrebbe dovuto entrare in vigore nel 2019 sostituendo le normali aliquote Irpef applicate ai redditi di impresa. Lo Stato incasserà in questo modo quasi 2 miliardi in più rispetto al gettito atteso dall’Iri. E salta anche l’Aiuto alla crescita economica, che consentiva di dedurre dal reddito d’impresa una quota del nuovo capitale investito in azienda: il risparmio per l’erario sarà in questo caso di 200 milioni nel 2019, 2,4 miliardi nel 2020 e 1,5 nel 2021. Le due agevolazioni saranno solo parzialmente compensate dalla “mini Ires” al 15% per chi investe o assume, che vale 1,1 miliardi di minori tasse sulle imprese nel 2019, 1,5 nel 2020 e 1,9 nel 2021. Infine c’è l’aumento delle tasse sui tabacchi: salgono l’accisa sulle sigarette, sui sigari, sul tabacco trinciato e sui tabacchi lavorati, per un maggior gettito complessivo di 132 milioni di euro. La relazione tecnica avverte che i produttori potrebbero “difendersi” ritoccando i prezzi di vendita: per recuperare l’aggravio fiscale dovrebbero aumentare di 10 centesimi i prezzi di vendita del pacchetto da 20 per tutte le fasce di prezzo.

Spending review su trasferimenti a Fs e fondi per i migranti e l’Onu – Il capitolo spending review è assai magro rispetto agli annunci pre-elettorali del Movimento 5 Stelle. La razionalizzazione della spesa dei ministeri si ferma a 658 milioni complessivi di cui 435 di uscite correnti e il resto in conto capitale. Ai 2,5 miliardi indicati nel documento programmatico di bilancio si arriva solo aggiungendo un taglio di 600 milioni dei trasferimenti alle Ferrovie dello Stato e la riprogrammazione di altri 1,14 miliardi di trasferimenti in conto capitale che il gruppo pubblico avrebbe dovuto ricevere l’anno prossimo.
La voce più pesante del Titolo VI dedicato alla Razionalizzazione della spesa pubblica è la riduzione dei fondi per l’accoglienza dei migranti da tempo invocata da Matteo Salvini. Il ministero dell’Interno è incaricato di “rivedere e razionalizzare” la spesa – attualmente 35 euro al giorno per ogni ospite – per l’attivazione, l’affitto e la gestione dei “centri di trattenimento e accoglienza per stranieri irregolari” in conseguenza alla riduzione degli sbarchi. I risparmi dovranno ammontare a non meno di 400 milioni nel 2019, 550 milioni nel 2020 e 650 dal 2021. Soldi che il Viminale potrà ripartire tra i propri capitoli di bilancio.
Sforbiciata di oltre 35 milioni nel 2019 e 32 milioni nel 2020 poi, per il contributo dell’Italia alle Nazioni Unite. Nel 2016 Roma ha versato al sistema Onu oltre 740 milioni di euro e Salvini a settembre, dopo la presa di posizione dell’Alto commissario per i diritti umani Michelle Bachelet sull’incremento di “atti di violenza e razzismo contro migranti, aveva annunciato una revisione.

Solo ritocchi alle spese militari – Solo ritocchi alle spese militari, che quest’anno ammontano a circa 25 miliardi di euro: l’anno prossimo sono ridotte di 60 milioni, in seguito è previsto un calo di 531 milioni spalmati però su 11 anni. Verranno poi “riprogrammate”, di fatto rinviandole al 2025, spese per investimento nel comparto difesa per 78 milioni nel 2019, 95 nel 2020 e 45 nel 2021. Va sotto la voce spending mancata, invece, l’allargamento delle maglie per le partecipate pubbliche che in base al testo unico del 2016 avrebbero dovuto essere chiuse per centrare l’obiettivo renziano di ridurle “da 8mila a mille”: vengono salvate tutte quelle che nel triennio precedente alla ricognizione hanno prodotto un risultato medio positivo.

I contributi chiesti alle scuole – Le scuole come ogni anno sono chiamate a versare allo Stato le somme non utilizzate tra quelle che sono state attribuite agli istituti per la realizzazione di progetti di autonomia scolastica. In attesa del versamento, il Tesoro è autorizzato ad accantonare 22,5 milioni di euro di risorse tra quelle che si trovano nello stato di previsione del Miur. Come annunciato dal ministro Marco Bussetti arriva inoltre un taglio delle ore di alternanza scuola-lavoro, ribattezzate “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”. Negli istituti professionali e tecnici si passa rispettivamente a non meno di 180 e 150 ore dalle 400 attuali, mentre per i licei la riduzione sarà da 200 a non meno di 90 ore. Si ridurranno di conseguenza anche le risorse assegnate agli istituti, che ora ammontano a 100 milioni l’anno. Previsti risparmi di altri 12 milioni di euro annui grazie all’abolizione del percorso triennale Formazione iniziale e tirocinio (Fit) introdotto nel 2017 per il reclutamento dei docenti della scuola secondaria: con il venire meno della specializzazione post-concorso, spiega la relazione tecnica, “non è più necessario remunerare i vincitori del concorso nei primi due anni del percorso in questione, né coprire i costi sostenuti dalle Università per organizzarlo”.

Stop a tariffe agevolate per gli editori, meno sgravi per cinema e librerie – Il governo gialloverde conferma il bonus cultura di 500 euro per i 18enni istituito dal governo Renzi ma riduce lo stanziamento previsto da 290 a 270 milioni di euro perché gli anni scorsi sono state utilizzate meno risorse rispetto a quelle che erano state previste. Scatteranno invece dal 2020 l’abolizione delle tariffe agevolate di cui godono editori, radio e tv e la rimodulazione dei crediti di imposta concessi ai gestori di sale cinematografiche e librerie. Sul primo fronte, dallo stop a tutti gli sgravi per spese telefoniche, postali e spedizioni dei resi sono attesi risparmi per 28,2 milioni. La riduzione dei crediti di imposta ammonterà invece a 5,6 milioni complessivi.

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