Non “minacce esplicite” ma un “atteggiamento molto duro di chiusura”. Così fonti della Corte dei Conti del Lazio descrivono la reazione avuta ieri dai militanti di CasaPound nei confronti degli uomini della Guardia di Finanza che si erano recati in via Napoleone III per effettuare un’ispezione dell’immobile occupato abusivamente dal 2003 e valutare un eventuale danno erariale.

“Sono stati rotti dei patti che erano stati presi: quelli di un’ispezione fatta con discrezione”, dice Simone Di Stefano, segretario nazionale di CasaPound Italia davanti alla sede di via Napoleone III a Roma. “Mentre ieri ci siamo trovati davanti l’intero circo mediatico”. Nella trattativa seguita per individuare un altro giorno per effettuare l’atto istruttorio non sarebbe trovato alcun accordo. “Se vogliono venire a fare degli accertamenti ci accordiamo”, dice Di Stefano. “Qui ci vivono delle famiglie e va tutelata la loro privacy”. Una sessantina di persone, secondo i militanti, “inclusi minori, e disabili”.

“La violenza è sempre meglio evitarla negli sgomberi, e non penso che ci sia una stretta con la circolare del Viminale”, dice ancora Di Stefano. “Sono contrario anche quando si parla di occupazioni di sinistra – penso alla Casa delle donne qui a Roma. C’è una delibera del Comune che obbliga a trovare alloggi alternativi. È fuori discussione che si possa venire qui a buttare la gente in mezzo alla strada: le persone resisterebbero come in tutte le occupazioni. Come resisterebbe chiunque all’arrivo di una forza pubblica all’alba che pensa di poter prendere i tuoi figli e buttarli in mezzo alla strada”.

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