“Ho paura fisica perchè sono stato minacciato per cambiare atteggiamento e poi abbandonare la difesa di Lorenzo La Rocca”. A parlare dinanzi i giudici del Tribunale di Trapani è Josè Libero Bonomo, avvocato civilista e difensore dell’uomo che negli ultimi anni ha raccontato ai magistrati il business dell’accoglienza dei migranti nella Sicilia occidentale. Il legale da almeno due anni è oggetto di intimidazioni da parte di “personaggi strani”, dopo che La Rocca ha confessato di essere stato per oltre un decennio il prestanome dell’ex deputato regionale Norino Fratello. Un politico molto noto nella provincia di Trapani, che nonostante avesse patteggiato una condanna per mafia, continuava a gestire le sue cooperative attive sul fronte dell’accoglienza dei migrandi.

Lo scorso luglio i carabinieri hanno arrestato Fratello al termine di un indagine che svelò interessi nelle coop da parte di politici regionali e soggetti iscritti alla massoneria. Dopo appena quindici giorni il tribunale di Riesame lo ha scarcerato. Al vaglio dei giudici era giunta anche un’informativa – redatta pochi giorni prima degli arresti – nella quale venivano ricostruite le minacce subite da Bonomo e in cui Fratello veniva indicato come mandante delle intimidazioni. Il cuore dell’informativa adesso è divenuto pubblico nel corso della testimonianza dell’avvocato in un processo in cui è stato riconosciuto come parte civile. Sotto accusa c’è una collega, Rosa Sanna, accusata di avergli estorto del denaro, al fine di scongiurare una denuncia per infedele patrocinio da parte di una donna.

La vicenda ha inizio nell’estate dello scorso anno. In quel periodo Bonomo era stato sospeso per quattro mesi dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati in seguito ad alcune denunce di un cliente, poi sfociate in una condanna per calunnia. Da qui l’idea dell’avvocato Sanna di proporre a una donna – ex cliente di Bonomo – di chiedergli del denaro per evitare un ulteriore denuncia che ne avrebbe causato l’espulsione dall’Ordine. “È massacrato”, dice la Sanna, spiegando che “sul quantum stiamo trattando”. La cifra alla fine viene fissata in 80mila euro. “Soldi rubati”, confessa durante un incontro la legale, che nel dicembre 2017 viene arrestata dagli agenti del corpo Forestale di Trapani.

“Mentre l’avvocatessa mi chiedeva di cacciare fuori i soldi un giorno fui convocato a casa di tale Benedetto Costantino che mi disse di essere stato avvicinato da persone pericolose di Palermo interessati a farmi depositare delle carte in un procedimento che riguardava le cooperative di Fratello”, ha raccontato Bonomo rispondendo alle domande del pm Andrea Tarondo. L’episodio risale allo scorso anno. In quei giorni stava iniziando dinanzi al tribunale delle Imprese un procedimento nato in seguito alla sfiducia contro Lorenzo La Rocca – all’epoca presidente della coop Letizia – da parte degli altri soci. “Costantino mi indicò anche un commercialista di Palermo da cui mi sarei dovuto recare per modificare alcuni atti già depositati – ha aggiunto – sostanzialmente mi avrebbe dettato cosa scrivere e poi avrei dovuto abbandonare la difesa”.

L’elenco delle minacce dispensate dalla primavera del 2016 durante incontri per strada, telefonate e visite nel suo studio è lungo. Benedetto Costantino ha 71 anni ed è fratello di Damiano Costantino, già indiziato di mafia, ucciso il 15 aprile 1989 assieme ad altre tre persone, tra cui l’allora boss Filippo Melodia. Per anni furono vittime di “lupara bianca” ma dai processi svolti si appurò che i quattro furono “vittime sacrificali della cosiddetta strategia del sospetto”. Nello specifico Damiano Costantino venne individuato dai “corleonesi” come autore di una soffiata che portò all’arresto di Nino Melodia. Fu una macelleria. Il suo corpo venne sciolto nell’acido ma a strangolarlo fisicamente al primo piano di una palazzina nella periferia di Partinico – secondo i collaboratori di giustizia Vincenzo Sinacori e Balduccio Di Maggio – fu Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993. Storie di mafia che tornano d’attualità.

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