Pochi giorni fa su questo blog ho pubblicato un post in cui criticavo una sentenza della Cassazione (civile) relativa alla mancata applicazione dello stato di necessità in un caso in cui un veterinario aveva violato alcune norme del codice della strada per soccorrere un animale gravemente malato. Numerosi lettori de Il Fatto Quotidiano hanno commentato questo mio scritto, esprimendo, in maggioranza un parere diverso dal mio e conforme alla decisione della suprema Corte.

In proposito, è significativo notare che questi commenti si sono tutti incentrati sulle modalità del caso concreto affermando l’opinione che per salvare o soccorrere un animale non si possono violare norme quali rispetto dei semafori e limiti di velocità che servono a tutelare l’incolumità delle persone; nonché evidenziando che, come risultava dal mio post, l’animale era in fase terminale e, quindi, non c’era niente da fare.

In realtà, se qualcuno rilegge il mio post, si può rendere conto che io non avevo affatto preso in considerazione questi elementi di fatto relativi al caso concreto ma avevo motivato la mia (rispettosa) critica alla Cassazione (che, peraltro, non è giudice del fatto ma del diritto) con l’argomento che aveva escluso l’applicabilità dello stato di necessità “in quanto lo stato di necessità espressamente richiede il pericolo attuale di un danno grave alla persona e non a un animale; e non riguarda le violazioni amministrative, quali sono quelle del codice della strada”.

Affermazioni che, a mio avviso, non sono condivisibili visto che nel 2010 il codice della strada è stato modificato nel senso di introdurre, appunto, per gli animali, uno stato di necessità speciale e l’obbligo di soccorso. Circostanze che, sempre a mio avviso, non potevano essere ignorate dalla Cassazione, a prescindere dall’esito del giudizio, in un caso in cui “un veterinario viola il codice della strada per recarsi al più presto a soccorrere un animale in pericolo di vita”.

Volevo, quindi, evidenziare soprattutto che, a prescindere dal caso concreto, troppo spesso nel nostro Paese la problematica delle sofferenze degli animali non riceve alcuna considerazione, neppure quando vengono meritoriamente varate leggi apposite e neppure ai massimi livelli della magistratura. Ma, a questo punto, visti i commenti, vorrei fornire ulteriori elementi di conoscenza che, se si vuole entrare nel merito, devono essere tenuti presenti.

In primo luogo, il concetto di “stato di necessità” introdotto dalla legge del 2010 secondo cui “ai sensi dell’articolo 177, comma 1, del codice della strada, un animale è considerato in stato di necessità quando presenta sintomi riferibili ai seguenti stati patologici: a) trauma grave o malattia con compromissione di una o più funzioni vitali o che provoca l’impossibilità di spostarsi autonomamente senza sofferenza o di deambulare senza aiuto; b) presenza di ferite aperte, emorragie, prolasso; c) alterazione dello stato di coscienza e convulsioni; d) alterazioni gravi del ritmo cardiaco o respiratorio”.

In secondo luogo, se si vogliono analizzare casi concreti, alcune sentenze – recentemente citate dalla dottoressa Annalisa Gasparre in una nota pubblicata su dirittoambiente.net – che depongono in senso favorevole all’applicazione dello stato di necessità nel caso in cui destinatario dell’azione di soccorso sia un animale: la sentenza n. 369/2011 del Giudice di pace di Chieti per il trasporto di animale in imminente pericolo di vita; la sentenza n. 1/2012 del Giudice di pace di Offida per una fattispecie in cui un medico veterinario aveva superato i limiti di velocità per soccorrere cane in imminente pericolo di vita e in condizioni così gravi da non poter essere in alcun modo trasportato; e la sentenza n. 249/2015 del Giudice di pace di Pisa ove il proprietario di un gatto in fin di vita aveva superato i limiti di velocità per trasportarlo dal veterinario.

Mentre, sempre nel web, si legge che per le persone si è riconosciuto, ad esempio, lo stato di necessità:

1. Nel caso di violazioni commesse per soccorrere un familiare colto da crisi di panico, in presenza di una patologia nota e ricorrente (nel caso in esempio il ricorrente aveva fornito la certificazione medica dello psicologo terapeuta, che confermava una chiamata telefonica della paziente in preda a un attacco di panico);

2. Nel caso di un marito che correndo in auto per portare la moglie in preda alle doglie all’ospedale ha superato un semaforo con il rosso o un autovelox;

3. Nel caso di violazioni commesse da un medico per andare con urgenza a visitare un paziente con gravi patologie (certificate).

4. Nel caso di violazioni al codice della strada commesse per recarsi alla più vicina farmacia per acquistare farmaci urgenti, prescritti dalla Guardia medica, per la madre in crisi respiratoria;

5. Nel caso del figlio che informato del decesso del padre ha superato i limiti di velocità per vedere il padre un’ultima volta;

6. Nel caso del figlio entrato ripetutamente, senza autorizzazione, nella Ztl per accompagnare la madre affetta da una patologia alle gambe, che impediva alla stessa di compiere tragitti a piedi;

7. Nel caso di sosta in area pedonale per pochi minuti da parte del marito che deve consegnare alcuni farmaci alla convivente in gravidanza a rischio.

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