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Mafia, è morto il boss Salvatore Profeta: scarcerato per la strage di via d’Amelio tornò a guidare il suo clan

Coinvolto nella strage di via D’Amelio, che il 19 luglio del 1992 uccise con un’ autobomba imbottita di tritolo il magistrato Paolo Borsellino e gli agenti di scorta. A tirarlo in ballo fu suo cognato, il falso pentito Vincenzo Scarantino. Tornato libero nel 2011, aveva ripreso in mano le redini della famiglia della Guadagna
Mafia, è morto il boss Salvatore Profeta: scarcerato per la strage di via d’Amelio tornò a guidare il suo clan
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Era stato considerato ingiustamente tra i colpevoli della strage di via d’Amelio. Ottenuta la scarcerazione dopo anni di 41 bis, era tornato a guidare il suo clan. È morto Salvatore Profeta, 69 anni, stroncato, probabilmente, da un infarto in ospedale.  Era stato ricoverato da una decina di giorni per un malessere. Si trovava in Friuli, a Tolmezzo, in provincia di Udine. Stava scontando una condanna a otto anni e due mesi per associazione mafiosa, estorsione e rapina.

Uomo d’onore storico, Profeta, aveva “esordito” al fianco di Stefano Bontade, il capomafia che reggeva la Cupola prima dell’avvento dei corleonesi. Poi, dopo l’assassinio di Bontade, ucciso in un agguato nel 1981 durante la guerra di mafia scatenata da Totò Riina, Profeta passò con i corleonesi. Negli anni successivi prese le redini della famiglia di Santa Maria di Gesù, tra le più potenti a Palermo.

Poi negli anni ’90 fu coinvolto nella strage di via D’Amelio, che il 19 luglio del 1992 uccise con un’ autobomba imbottita di tritolo il magistrato Paolo Borsellino e gli agenti di scorta. A tirarlo in ballo fu suo cognato, il falso pentito Vincenzo Scarantino che lo accusò di avergli commissionato il furto della 126 poi imbottita di esplosivo per la strage. Il boss fu condannato all’ergastolo, assieme ad altri sei imputati, per l’eccidio.

Nel 2011, però, per Profeta e altri sei arrivò la scarcerazione dopo il pentimento di Gaspare Spatuzza, che ha riscritto le fasi operative della strage. Tornato libero, Profeta ha ripreso in mano le redini del clan della Guadagna, col suo vecchio stile da ‘padrino’ d’altri tempi. Parlando di lui, l’ex procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci, disse: “Profeta non solo era il boss riconosciuto ma si atteggiava anche come tale”. Aveva scelto come “ufficio” un bar nella piazza principale del quartiere e ogni giorno riceveva persone, dispensava aiuti e favori per rafforzare il controllo del territorio. Nel  2015 nuovo arresto con alcuni abitanti del suo quartiere che erano scesi in strada per salutarlo. “È un galantuomo”, dicevano mentre Profeta veniva portato via.

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