Cambiare il progetto della Tav Brescia-Verona è possibile senza pagare penali.

C’è, infatti, il precedente del vecchio progetto del Cipe che prevedeva la variante di Montichiari, sostituito in corso d’opera con un tracciato meno oneroso di quasi il 30% e senza nessun tipo di controversia tra committente e commissionario. La modifica comportava 32 km in meno di rete e di 900 milioni di costi in meno, eppure non risulta si sia verificata nessuna controversia tra il consorzio Cepav 2 (Saipem 59%, Pizzarotti 20,5% e Maltauro 20,5%) cui erano stati assegnati i lavori della Tav Brescia-Verona nel lontano 1991. Un’assegnazione senza gara, come per le altre tratte Tav italiane, a una serie di consorzi privati e pubblici.

Senza la variante di Montichiari l’importo della commessa della Brescia-Verona passa da circa 2,5 mld a 1,6 mld (-30%) eppure Cepav 2, il cui controllo è in mano alla azienda controllata dal Tesoro, la Saipem, non ha battuto ciglio. Del resto è difficile pensare che chi ha ricevuto una commessa senza gara possa anche avanzare pretese di sorta ed imporre penali in caso di cambio di progetto ma non di cancellazione dell’opera. Sarebbe anche ridicolo che Saipem controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti (Tesoro) ingaggi una vertenza contrattuale con RFI controllata a sua volta dal Tesoro. Insomma, lo Stato dovrebbe far causa a se stesso. Si possono, quindi, usare i fondi della Tav per il potenziamento della linea storica cioè per un progetto alternativo come il quadruplicamento, 250km/h e non 300km/h, della Brescia-Verona vicino alla attuale ferrovia che farebbe risparmiare cento milioni di euro e oltre 30 ettari di terreni agricoli, eviterebbe l’attraversamento dei vigneti del Lugana, toccherebbe il Garda (maggior distretto turistico del nord) e assicurerebbe lo sviluppo del sistema ferroviario per pendolari, merci e Frecce Rosse.

Da uno studio al professor Renato Pugno sul consumo di suolo della tratta Alta Velocità sulla Brescia-Verona emergono dati di fatto molto interessanti. Lo studio ha preso in esame le tre alternative che erano sul tappeto nel 2016: a) il tracciato approvato dal Cipe che passa a sud di Brescia toccando l’aeroporto di Montichiari; b) un nuovo tracciato che RFI ha approvato e che non prevede lo shunt di Montichiari ma l’attraversamento della stazione di Brescia dove era previsto invece che si fermasse la TAV; c) il quadruplicamento della linea esistente proposto da Legambiente Lombardia e Veneto.

Le alternative a) e b) sono tracciati con standard seguiti fino ad oggi per l’Alta Velocità in Italia (velocità fino a 300 km/h) ma la più costosa d’Europa. L’alternativa c), invece richiede standard diversi (velocità 240 km/h) simili a quelli seguiti in Germania, in Gran Bretagna e recentemente in Francia. Se il consumo di suolo è il criterio in base al quale orientare le scelte esso deve essere inserito in una valutazione più generale di bilancio costi/benefici.

Considerando tutti gli aspetti tecnici della realizzazione delle infrastrutture ferroviarie risulta che con lo studio del professor Pugno si consumerebbero 138,9 ettari di suolo con quella di RFI 168 ettari e con quella dei Cipe 261 ettari. Secondo lo studio la proposta sostenuta da Legambiente sarebbe la più competitiva perché i costi di infrastruttura e del materiale rotabile sarebbero nettamente inferiori alle altre due ipotesi in campo. Anche i costi di esercizio sarebbero inferiori per i minori consumi di energia e di spese di manutenzione. Il quadruplicamento consentirebbe inoltre un reale raddoppio della capacità della linea e l’adozione di un sistema misto. A differenza dei progetti del Cipe e di RFI i treni locali, regionali, merci e le frecce potrebbero utilizzare indifferentemente i quattro binari a beneficio dei pendolari, del turismo e delle merci.

Le stime di traffico di Alta Velocità sulla Milano-Venezia sono modeste ed i risultati negativi di utilizzo della tratta che opera nello stesso contesto di mercato e geografico come la Tav Milano-Torino con solo 50 treni giornalieri contro i 300 potenziali dovrebbero servire da monito per il Ministero dei Trasporti che dovrà decidere. Le due soluzioni ad Alta Velocità previste dal Cipe e da RFI sarebbero devastanti per l’ambiente e per l’area del Lugana e in ultimo non prevedono il collegamento con il lago del Garda (Desenzano o Peschiera) impoverendone la competitività turistica.

Il progetto dell’alta velocità Brescia-Verona va modificato quadruplicando la linea attuale cioè realizzando una coppia di binari affiancati agli esistenti da destinare all’esercizio ad alta velocità secondo il concetto sviluppato nei Paesi dell’area tedesca. Si tratta dell’unica alternativa realistica che potrebbe mettere in discussione l’attuale concessione affidata a Cepav 2, il consorzio d’imprese che si è aggiudicato 20 anni fa i lavori dell’opera. Si tratta di una infrastruttura adatta per un servizio interpolo con velocità massime di 240-250 chilometri orari che, ricordiamo, è la stessa velocità a cui viaggiano i Frecciarossa sulla tratta Roma-Firenze, oltre che sulle tratte quadruplicate e già realizzate Milano-Treviglio e Padova-Mestre, compatibili con le geometrie del tracciato attuale.

Il progetto originario è del tutto insoddisfacente, perché presenta elevati costi economici, che a consuntivo potrebbero raddoppiare e ambientali decisamente sproporzionati, in cambio di un’offerta di servizi che si rivolge ad un segmento della domanda di lunga distanza sicuramente minoritario visto che il traffico passeggeri è di natura pendolare/residenziale.

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