di Linda Maisto e Francesco Pastore

Da qualche giorno sono usciti i dati aggiornati del programma Resto al Sud, lanciato dall’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, e dall’ex ministro del Mezzogiorno Claudio De Vincenti. Al 13 luglio 2018, sono diventati quasi mille i giovani i cui progetti sono stati approvati nell’ambito del programma Resto al sud, il programma gestito da Invitalia che finanzia fino a 50mila euro ai giovani residenti in una delle regioni del Mezzogiorno i cui progetti imprenditoriali siano stati approvati da una commissione di esperti. Dei 50mila euro, fino al 35% (17.500 ) sarà a fondo perduto, mentre la parte restante (32.500 ) sarà finanziato da uno degli enti di credito che hanno aderito all’iniziativa stanziando una somma. La somma da restituire è però prestata a tasso zero e può essere restituita in otto anni, con un certo agio. In totale, la rata da restituire è di circa quattromila e rotti, una somma non eccessiva ma che si spera abbia almeno l’effetto di ridurre l’incentivo a bluffare da parte del giovane. Il prestito svolge perciò una funzione analoga al cofinanziamento.

Sono mille come i garibaldini che unirono il Mezzogiorno al resto dell’Italia. Questi mille dovranno dare un contributo alla crescita del Mezzogiorno per farla avvicinare il più possibile a quella del resto del Paese. Il programma ha avuto un successo insperato in termini di domande di partecipazione – circa 3600 sempre al 13 luglio, con una probabilità di successo non banale: risulta approvata una domanda su tre circa, ma le domande non ancora presentate sono 6.600.

Un’altra novità, inaugurata dalla neo-ministra del Mezzogiorno, Barbara Lezzi, è la nuova app per smartphone del programma con la quale coloro che richiedono il finanziamento possono monitorare lo stato di progresso della loro domanda.

Mancano ancora i dati disaggregati aggiornati dei mille, ma non si discostano di molto da quelli disponibili sul sito web del programma relativi al 1 gennaio 2018. La Campania sembra avere la parte del leone con una quota di circa il 47% delle domande presentate e una percentuale leggermente minore di domande approvate. Seguono ad una certa distanza – di circa 30 punti percentuali – Sicilia e Calabria, mentre piuttosto ridotta è la presenza di Abruzzo e Sardegna. Le altre regioni hanno una presenza pari a un lumicino. È probabile che qui il programma sia stato meno pubblicizzato.

I settori con maggiori approvazioni sono quelli turistici e culturali, in cui quasi la metà delle domande è stata approvata. Seguono le attività manifatturiere e artigianali (24%) e i servizi alla persona (19%). Gli altri settori hanno una presenza minore, ma ciò dipende anche dal fatto che altri settori sono coperti da altri programmi per l’autoimprenditorialità.

Le donne sono poco meno della metà sia delle richiedenti che delle vincitrici. Come era prevedibile, quasi la metà delle domande approvate è presentata da candidati ultra-trentenni. La maggior parte di questo gruppo ha almeno un diploma di scuola secondaria superiore (56%) o laurea (26%).

Nel complesso, il programma è un importante segnale di vitalità del Mezzogiorno e dimostra che se aiutato il Mezzogiorno può e sa dire la sua, anche se le risposte sono state un po’ a macchia di leopardo. Ciò suggerisce che bisogna parlare e informare di più. Va anche detto che i giovani, anche quelli più istruiti, sono spesso scoraggiati e difficilmente raggiungibili. I social media possono fare molto da questo punto di vista.

Un rischio implicito è che restino fuori i giovani di talento che però hanno meno capacità di networking. Ciò fa sì che a vincere siano più probabilmente i figli di imprenditori già affermati che possono trasmettere un know how non molto diffuso fra gli altri giovani. Questo è un fenomeno per certi versi ineliminabile, ma un modo per aumentare le chance di presentazione di una domanda e di approvazione da parte di giovani che non hanno una cultura imprenditoriale familiare alla quale attingere potrebbe consistere nel coinvolgimento delle scuole e delle università che sempre più spesso organizzano programmi per l’autoimprenditorialità.

Si potrebbe collegare il lavoro di formazione dei progetti e dei business plan con il lavoro di formazione delle scuole e delle università. Inoltre, le università sono più equamente diffuse sul territorio e possono perciò rappresentare anche uno strumento per coprire territori più vasti.

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