Per la prima volta, nelle campagne della Capitanata, la raccolta del pomodoro è ferma. È frutto della scelta dei braccianti stranieri, dopo i due incidenti costati la vita a 16 colleghi. “Vogliamo un contratto” o “quando c’è, che questo venga rispettato”. Le richieste sono quelle di sempre, perché ogni volta vengono accantonate. Si lavora per dieci, 12 ore al giorno per 3,50 euro a cassetta o all’ora. La pausa consentita è di 30 minuti, anche nel periodo più torrido e con il termometro che segna 40 gradi. “Se non ti sta bene e sei troppo lento – raccontano – domani ne prendono un altro e tu sei fuori“. Quei 30 minuti, però, “vengono detratti dal conto totale“. E non è l’unica voce che contribuisce a decurtare ulteriormente la cifra percepita: una bottiglietta d’acqua costa 50 centesimi, un panino 1,50 euro. E persino raggiungere il terreno dove sarà effettuata la raccolta ha un prezzo: 5 euro. Tanto costano quelle carrette riempite ben oltre il limite e sulle quali hanno trovato la morte i 16 ragazzi, nei giorni scorsi. Di qui l’appello, durante il corteo: “Ai ministri Salvini e Di Maio chiediamo di andare a interrogare i nostri caporali. Loro nascondono la verità, calpestando la nostra dignità”.

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Foggia, “il caporalato non va ridotto a un problema di mafia. Nulla è cambiato dal 2011, sfruttato oltre 1/3 dei braccianti”

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