Tutti contro querele temerarie, intimidazioni e minacce ai giornalisti. Per una vicenda kafkiana però quattordici cronisti, sparsi tra Milano e Roma, si ritrovano oggi a fronteggiare una causa civile per danni da oltre un milione di euro mossa nei loro confronti da altri giornalisti, che siedono ai vertici dell’Inpgi, la cassa previdenziale dei giornalisti. Al Tribunale di Milano si è svolta una inusuale conferenza stampa in cui il presidente dell’Unci (Unione nazionale cronisti italiani) e presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia Alessandro Galimberti ha dato conto della causa civile promossa dall’Inpgi nei confronti dei cronisti milanesi Frank Cimini e Manuela D’Alessandro che il 19 novembre affronteranno la prima udienza al Tribunale civile di Roma. Galimberti ha manifestato dissenso e preoccupazione verso un’azione civilistica così “assurda, aggressiva e intimidatoria” da minare la credibilità delle campagne che la categoria fa urbi et orbi contro minacce e manette ai giornalisti.

La causa scatenante dell’azione dell’Inpgi, che chiede ai cronisti 75mila euro, è un articolo del marzo 2015 pubblicato sul blog giustiziami.it nel quale ponevano la questione della mancata costituzione in giudizio dell’ente nel processo Sopaf-Magnoni a carico – tra gli altri – dell’allora presidente Andrea Camporese poi stato assolto con formula piena nel 2017 (ci furono sei condanne per quella vicenda). Era un breve articolo a margine del processo in cui Inpgi rientrava tra gli enti truffati. “Un articolo che ancora oggi tutti possono leggere, scritto dal mio punto di vista in modo assolutamente pacato e corretto – precisa Galimberti – posto che l’ente a un anno di distanza dall’articolo sub judice si sarebbe davvero costituito, come suggerivano i due cronisti, dando loro di fatto ragione. Salvo chiedergli i danni un anno dopo ancora, realizzando così un pericoloso precedente per  chiunque un domani vorrà occuparsi della sua gestione e dei suoi investimenti. Se prevale l’idea che si debba perseguire una critica e un dissenso composti, pertinenti, agganciati ai fatti con un’ingiunzione che anche solo per l’importo ha un evidente effetto deterrente sull’autonomia professionale dei colleghi citati che alle spalle non hanno neppure un grande editore e studi legali, e dovranno affrontare da soli le spese legali di costituzione in giudizio”.

L’altra anomalia della vicenda è che a trascinare in tribunale i cronisti non sia Andrea Camporese, che pure dal procedimento è uscito con un’assoluzione. Lo fa invece l’ente, a tre anni dalla pubblicazione di quell’articolo. “Il paradosso – insiste Galimberti – è che tra Fnsi, Inpgi e Casagit intercorrono rapporti anche patrimoniali strettissimi perché i due enti finanziano con milioni di euro l’attività della Federazione nazionale della stampa che mai come oggi si dichiara impegnata contro azioni intimidatorie. Ecco, vorrei capire il senso di tutto questo, se e come mai la presidente Marina Macelloni e il cda dell’ente abbiano deliberato in tal senso avvallando il principio per cui chi viene assolto – e in questo caso imputato non era neppure l’ente ma Camporese  – possa rivalersi con citazioni temerarie. Perché se passa questa linea allora la cronaca giudiziaria è finita e il giornalismo in genere”.

Da capire chi ha dato conferito il mandato agli avvocati dell’Ingpi. “Sicuramente è una cosa passata dal cda e nella prossima riunione solleverò questo tema di chi ha firmato gli atti per chiedere soldi ai colleghi”, ha spiegato Nicola Borzi, membro del consiglio generale dell’ente intervenuto sia per portare solidarietà ai colleghi che per rimarcare sconcerto e preoccupazione per la decisione di trascinarli davanti a un giudice. Del resto lui stesso da giornalista finanziario aveva evidenziato fin dal 2012 le anomalie delle acquisizioni di quote del fondo di investimento oggetto poi delle indagini e del processo: “E allora perché non fare causa anche a me e a tutti gli altri?”.

“Considerato questo precedente d’ora in avanti tutti coloro che scrivono dell’Inpgi dovranno usare bolle lunghe un chilometro vista la sensibilità esacerbata nei confronti di questa operazione”, ragiona Borzi. “Siccome poi di operazioni di investimento poi Inpgi ne fa continuamente e alcune di queste sono con imprenditori sottoposti anche recentemente a una elevata attenzione da parte della cronaca giudiziaria, io non vorrei che questa azione fosse indicativa di una volontà di dire “state alla larga da noi”.  A titolo d’esempio riecheggia in sala stampa il nome di Luca Parnasi, nome oggi all’attenzione delle cronache, per un’enorme operazione immobiliare davanti alla stazione Tiburtina di Roma che si chiana Città del Sole. Nessuno ha avuto niente da eccepire finora, anche se all’epoca diversi giornalisti avevano raccolto molta documentazione sulla criticità dell’intervento. “È un messaggio per dire non andate a mettere il naso nei nostri conti? Da giornalista la trovo la cosa più inconcepibile di questo mondo. L’avesse fatta chiunque, ma che lo faccia la cassa di previdenziale dei giornalisti cui siamo obbligatoriamente tenuti a versare i contributi la trovo lunare”.

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