“La Lega non ha mai partecipato a nessuna delle 22 riunioni di negoziato che abbiamo svolto nel corso di due anni sulla riforma di Dublino. La riforma, ricordiamolo, è necessaria per cambiare la norma. In base alla quale le persone sono costrette (salvo certi casi) a chiedere l’asilo nel primo Paese dove arrivano. La stessa norma per cui per anni altri Paesi hanno potuto rimandare in Italia migliaia di persone che non volevano tornarci, solo perché sono entrate in Europa dall’Italia”.

Elly Schlein, europarlamentare di ‘Possibile’ e relatrice per il suo gruppo S&d (Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici) della riforma del regolamento di Dublino, in un commento su Facebook ricorda l’assenza della partecipazione della Lega alla modifica del testo, che nella versione approvata dal Parlamento prevede “il ricollocamento automatico e permanente obbligatorio per tutti gli Stati”. Enf, il gruppo nel quale rientra la Lega a Bruxelles, aveva presentato come relatore Lorenzo Fontana, nominato ministro della famiglia e finito al centro delle polemiche per le sue dichiarazioni sull’inesistenza delle famiglie gay. Fontana, però, alle riunioni non si è mai presentato, dice Schlein. Che ricorda: “Quando dopo due anni di negoziato” abbiamo fatto votare “ai due terzi del Parlamento la cancellazione di quel criterio per sostituirlo con il ricollocamento automatico e permanente obbligatorio per tutti gli Stati, la Lega si è astenuta, e i 5 stelle hanno votato contro”.

Il voto contrario in commisione

Delle 22 assenze di Fontana – nell’arco di due anni di lavoro culminati con l’approvazione del testo in commissione il 6 novembre 2017 – non c’è riscontro documentale, spiega Schlein, “per il semplice fatto che si tratta di incontri informali tra gruppi”. Enf ha “inspiegabilmente ha rinunciato al negoziato”. E se in commissione LIBE il voto finale del gruppo che include la Lega e di Fontana stesso è stato negativo, in Parlamento il 16 novembre è stata scelta l’astensione. I 5 Stelle invece, sono stati contrari in entrambe le sedi. “Bocciare questo testo vuol dire non fare gli interessi dell’Italia. Salvini dice no perché non ha il coraggio di chiedere al suo amico Orban e ai paesi Visegrad di fare la loro parte. Ci sono mille motivi per prendersela con la Francia, ma sui ricollocamenti è al secondo posto dopo la Germania. Se andiamo più sotto, Orban è a zero”. Ora nel contratto di governo è stata inserita “la revisione del Regolamento di Dublino e l’equa ripartizione dei migranti tra tutti i Paesi dell’Ue”.

Il voto dell’astensione in Parlamento

Il Parlamento europeo ha “approvato un sistema che cancella il criterio del primo paese di accesso. Se il 28 giugno il Consiglio decide di accogliere questo testo nessuno è più costretto ad affrontare la richiesta d’asilo in Italia per il solo fatto di essere entrato da lì”. Ecco quello che accadrebbe: “La singola persona che arriva viene registrata, c’è la verifica delle impronte come succede oggi, si verifica se abbia un famigliare (o titolo di studio o permesso di soggiorno) in altri paesi. Se sì, viene ricollocata nel paese indicato. In caso contrario andrà in uno dei 4 paesi che sono i più lontani dal raggiungimento della giusta quota stabilita in base alla popolazione. Quindi se non ci sono legami con altri Paesi, i migranti non restano più impigliati in Italia o in Grecia ma vengono redistribuiti secondo un ricollocamento automatico“. Ma il rischio al Consiglio è che il testo salti perché Italia, Spagna, Austria, Romania, Ungheria, Slovenia e Slovacchia sono tuttora contrari.

Per Schlein l’obiettivo di Salvini “non è riformare Dublino, ma bloccare tutti i migranti prima. Una soluzione che non è solo inumana, ma che viola anche il diritto europeo“. Gli ostacoli, però, non sono rappresentati solo dall’Italia. “Da convincere ci sono i Paesi Visegrad e l’Austria, e sono fondamentali Merkel e Macron. Se non vuole che il suo europeismo rimanga di facciata deve fare qualcosa. Il premier Conte ribadisce il principio della riforma, ma se Salvini vuole fare l’asse con Orban va in un’altra direzione. E l’Italia perde”. Ma Fontana o la Lega hanno risposto al suo commento su Facebook? “No. Non c’è modo di rispondere. Fontana ha anche fatto emendamenti, eppure non si è mai presentato in commissione. Lì ha votato contro, per poi cambiare idea e astenersi in Parlamento”.

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