Mettiamoci per alcuni istanti nei panni di un componente del governo, prossimo al definitivo abbandono delle stanze del potere, per di più silurato da ogni possibile ricandidatura in Parlamento e posto di fronte a un bivio: andare in Argentina a rappresentare interessi e valori dell’Italia del turismo in occasione del T20 – l’annuale meeting dei 20 Paesi più industrializzati ed aderenti al G20 svoltosi lo scorso 17 aprile – oppure starsene a casa e ripiegare su un amabile salottino tra amici al Vinitaly, organizzato per la presentazione della nuova guida uscita dal cilindro di Repubblica, dedicata alle donne italiane al timone di aziende vitivinicole. Una guida, peraltro, con la particolarità di ospitare un focus anche della cantina di famiglia dell’esponente politico nei cui panni chiediamo di continuare a stare.

Immaginate, quindi, quale “sbattimento” comporti una trasferta transoceanica da 14 ore di volo per andare in un luogo con un fuso orario differente (cinque ore). Considerate il cosiddetto jet lag che ne possa derivare. E che cosa significhi spostarsi dall’altra parte del mondo sul piano dei preparativi da organizzare, della burocrazia da sbrigare, di valigie da riempire con l’abbigliamento richiesto dall’occasione ma anche adatto al clima e alle temperature di una latitudine così diversa.

Pensate, invece, quanto maggior agio possa esserci nel raggiungere Verona con tre orette di Freccia Rossa, senza per giunta avere il pensiero di preparare valigie e azzeccare gli indumenti giusti da portare con sé.

“Vado in Argentina al T20 per l’Italia o al Vinitaly per Giuseppe Cerasa (il direttore delle guide di Repubblica)?” Si sarà interrogata tra sé e sé (più o meno in questi termini) Dorina Bianchi, radiologa prestata al turismo e scelta dall’ex premier Matteo Renzi come sottosegretaria al Mibact.

Alla fine “Dorina otto camicie” – la Bianchi ha un primato unico nel panorama politico, essendo passata attraverso ben otto esperienze partitiche negli ultimi quindici anni: dal Ccd, all’Udc, alla Margherita, al Pd, poi di nuovo all’Udc, poi al Pdl, per approdare al Ncd, trasformatosi poi in Alleanza popolare – ha scelto di partecipare all’evento di Repubblica, con cui è stato presentato pubblicamente l’ultimo prodotto di Cerasa: DiWine, “il racconto del mondo del vino tramite la viva voce di 140 donne impegnate in prima linea nelle loro aziende”.

La missione a Verona della Bianchi – in cui si sono mischiati il ruolo privato di proprietaria di una cantina inserita nella guida e quello pubblico di sottosegretario – ha avuto la meglio su quella rigorosamente istituzionale a Buenos Aires. Nella decisione della Bianchi potranno aver pesato non solo le questioni organizzative, ma (immaginiamo) anche i noti problemi di natura linguistica: ben più facile rilasciare una dichiarazione in lingua italiana a Tele Cosenza, che parlare a ruota libera in inglese dal palco di un meeting internazionale.

E poi volete mettere il desiderio di toccare finalmente con mano un prodotto fresco di stampa, con il corredo di emozione nel leggere le pagine dedicate dalla guida all’azienda di famiglia? Senza dimenticare che queste guide su tutto ciò che ruota attorno a food e drink, fanno molto tendenza. Ciò, benché gli addetti ai lavori sappiano perfettamente come queste pubblicazioni non siano altro che una via di mezzo tra un maxi-publiredazionale ed una “marchetta”.

Una serie di domande, a questo punto, si impongono. Ma il sottosegretario Dorina Bianchi al Vinitaly è andata per promuovere la propria azienda di famiglia inserita nella guida di Repubblica o per enfatizzare il valore in chiave turistica del vino e più complessivamente delle eccellenze enogastronomiche del Belpaese?

In ogni caso, visto che la Bianchi (come emerge dall’agenzia diffusa) ha aderito e partecipato all’iniziativa di Repubblica in qualità di sottosegretario di Stato, c’è andata in missione istituzionale (spesata o meno dai contribuenti, poco conta)? Se così è avvenuto, è corretto considerare un evento pubblicitario ala stregua di un fatto di ordinaria amministrazione, la sola a cui devono dedicarsi ministri e sottosegretari di un governo dimissionario? Inoltre, se la Bianchi non ha inteso partecipare al summit in Argentina, come è possibile che né il ministro Dario Franceschini, né i suoi collaboratori al Mibac che si occupano di turismo in ruoli apicali – Francesco Palumbo e Francesco Tapinassi – abbiano sentito il dovere di portare la testimonianza dell’Italia a Buenos Aires? E, infine, che cosa mai avranno potuto pensare i rappresentanti degli altri Paesi vedendo l’assenza dell’Italia al T20?

Quesiti che cadranno nel vuoto. Come le tantissime interrogazioni e interpellanze parlamentari – probabilmente un vero record nella storia repubblicana – di cui in questi anni di imbarazzante gestione del turismo sono state inondate le stanze del Mibact a guida Francschini.

A questo punto un solo auspicio: che questo Paese possa avere presto un presidio serio e competente su una materia che vale oltre il 10% del Pil. In altre parole, che si archivi definitivamente la stagione di ministri e sottosegretari catapultati per caso a occuparsi di turismo. O addirittura, come nel caso della Bianchi, a propria insaputa.

@albcrepaldi

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