Dopo la revisione arrivata martedì da Eurostat, l’Istat rivede in peggio la stime sui conti pubblici. Includendo nei calcoli, come imposto dall’Ufficio europeo di statistica, l’impatto degli interventi per il salvataggio delle ex popolari venete. Così il rapporto debito/pil, che l’1 marzo era dato al 131,5%, si attesta al 131,8 per cento. Due decimali in più rispetto al 131,6% messo nero su bianco nella Nota di aggiornamento al Def. Il deficit/pil passa invece dall’1,9 al al 2,3%. Numeri che complicano il lavoro di chi sta scrivendo il Documento di economia e finanza e soprattutto quello del prossimo governo, a cui spetta la parte programmatica del Def. Si riducono infatti gli spazi per interventi di politica economica ad alto costo, dal reddito di cittadinanza alla flat tax.

Resta poi lo spettro della manovra correttiva che la Ue chiederà entro qualche mese. Con questi numeri potrebbe essere più pesante rispetto ai 3,5 miliardi ipotizzati lo scorso autunno, che erano stati calcolati ipotizzando che il deficit 2017 fosse al 2,1% del pil. Ma, secondo le regole europee, i costi del sostegno alle banche sono considerati una misura ‘una tantum’ e quindi esclusi dal computo del saldo strutturale e dell’obiettivo di spesa. Quindi generalmente non hanno un impatto sul rispetto dei parametri del braccio preventivo del Patto di stabilità. Occorre attendere che la Commissione pubblichi i suoi dati su deficit e debito: a febbraio la pubblicazione era stata rimandata, ufficialmente perché da ora in poi le stime verranno diffuse solo due volte all’anno come avveniva prima della crisi. Dunque quelle informazioni politicamente sensibili avranno il timbro dell’ufficialità di Bruxelles a maggio, quando l’Italia potrebbe non avere ancora un nuovo esecutivo.

A valle della revisione, il debito del 2017 risulta pari a 2.263 miliardi, contro i 2.256 stimati a marzo. Per quanto riguarda il deficit, le operazioni che hanno accompagnato la liquidazione di Popolare di Vicenza e Veneto Banca e la ricapitalizzazione con soldi pubblici del Monte dei Paschi di Siena a cui è seguito il ristoro degli obbligazionisti pesano per 6,3 miliardi di euro complessivi. E’ stata infatti “rivista da circa 1,1 a circa 1,6 miliardi la quantificazione dell’impatto delle operazioni relative a Mps”, si legge nella nota Istat, mentre gli effetti delle Disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di
Vicenza e di Veneto Banca comportano un trasferimento in conto capitale di 4,7 miliardi.

Anche la pressione fiscale è stata rivista in rialzo di un decimo di punto, al 42,5% rispetto alla stima del primo marzo che era del 42,4%. Resta in calo rispetto al valore registrato nel 2016 (42,7%) ma l’ammontare delle imposte dirette risulta salito a 250,4 miliardi dai 248,2 miliardi del 2016 e le imposte indirette passano da 243 a 249,9 miliardi. Sul fronte delle uscite aumentano i consumi intermedi e le prestazioni sociali mentre continuano a diminuire gli investimenti fissi lordi.

Quanto ai conti delle famiglie, il reddito disponibile nel 2017 è salito dell’1,7%, il rialzo maggiore dal 2011. Dato positivo anche per il potere d’acquisto che secondo l’Istat cresce dello 0,6%, anche se rallenta rispetto all’anno precedente quando aveva segnato +1,3%. La spesa per i consumi è salita del 2,5% e la propensione al risparmio è stata pari a 7,8%, in calo rispetto all’8,5% del 2016.

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