LADY BIRD di Greta Gerwig, con Saoirse Ronan, Laurie Metcalf. USA 2017. Durata: 95’ Voto 3,5/5 (AMP)
Disfunzionalmente provinciale. A partire dal proprio nome, Christine, lasciato all’anagrafe a favore di Lady Bird. Capelli accesi di tintura rossa, abbigliamento fiabesco, liceale off che ama – ed è amata – da una minoranza, in quell’odiata Sacramento da cui vuole fuggire alla volta di New York. Ma Lady Bird ha un dono, conosce e ‘sa essere’ se stessa, una qualità che le permette – volendo – di conoscere e amare anche gli altri, famiglia inclusa. Esordio alla regia annunciato della novella “ragazza della porta accanto” a New York (meglio se nel cool Village) Greta Gerwig, Lady Bird ha il pregio di una scrittura sincera, schietta ed ironica, capace di convogliare tanto identificazioni femminili quanto empatie giovanili ambosex. D’altra parte è un’autobiografia sotto mentito nome e non poteva che vestirsi di freschezza e senso di verità. I personaggi sono tridimensionali, la vicenda (non originale) è edificata sul classico romanzo di formazione, e complessivamente si tratta di una commedia agrodolce che profuma come i deodoranti delle adolescenti anticonformiste. Sottotraccia ma chiarissima la complicità del compagno/autore indie Noah Baumbach con cui la bella Greta già da tempo collabora davanti e dietro la mdp. Elencati i pregi ecco il turno dei difetti, che – va detto – non sono endogeni bensì arrivano dall’esterno, o meglio da fuori sono stati “richiamati”. La lobby schierata attorno al film ha raccolto 5 candidature all’Oscar, tra cui 3 “pesanti” come miglior film, regia e attrice protagonista accanto ad attrice non protagonista e sceneggiatura originale. Decisamente troppo per un buon debutto ma che lontano si pone tra i film che ricorderemo.
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