“Un governo di unità nazionale è altra cosa rispetto ad un governo di larghe intese“. Il ministro dell’Interno Marco Minniti fa marcia indietro dopo che l’apertura fatta a Porta a Porta ha scatenato repliche e precisazioni da parte di molti esponenti Pd. Durante la trasmissione di Bruno Vespa, il titolare del Viminale aveva detto: “se farei parte di un governo di unità nazionale? Assolutamente sì, purché ci fosse anche il mio partito. Ora siamo in piena competizione elettorale, ma dal 5 marzo la partita è nelle mani solide ed equilibrate del presidente della Repubblica e spetterà a lui dare una soluzione alle grandi questioni che si porranno”.

Frasi che sono sembrate contraddire apertamente le parole di Paolo Gentiloni, secondo cui “la sfida è tra il centrodestra e il centrosinistra” e le alleanze con Silvio Berlusconi vanno escluse perché “non possiamo metterci con una coalizione impregnata di populismo e antieuropeismo“. Tanto che venerdì è arrivata la replica del ministro della Giustizia Andrea Orlando: un governo di “unità nazionale è impercorribile, per me non ci può essere il Pd in questa formula. Ripercorrere la strada delle larghe intese sarebbe un errore. Dobbiamo dire con chiarezza che siamo alternativi alla destra”.

“Io ieri ho dato una risposta banale ad una domanda”, ha dovuto puntualizzare Minniti. “Mi hanno chiesto se farei il ministro dell’Interno di un governo di unità nazionale, che è altra cosa rispetto ad un governo di larghe intese ed io ho risposto di sì purché ci sia il mio partito, aggiungendo che sarebbe un riconoscimento del mio lavoro, ma non la considero una cosa molto probabile e comunque è tutto nelle mani del presidente della Repubblica”.

Orlando, parlando a Radio Anch’io, aveva ribadito: “Io sto alle parole di Renzi: ha escluso la prospettiva delle larghe intese”. Altri dirigenti del Pd citati dall’agenzia Ansa sostengono che “solo Minniti” parla di larghe intese “ma è troppo intelligente per non capire che così rischia di danneggiarci, perché così diamo l’idea dell’inciucio“. Le parole del titolare del Viminale sono inevitabilmente state lette in controluce, dopo l’intervista a Eugenio Scalfari su Repubblica in cui tratteggiava lo scenario di Gentiloni al governo e Renzi alla guida del partito arrivando ad affermare: “Io non credo che lui voglia diventare dopo le elezioni del 4 marzo il presidente del Consiglio. Preferisce restare leader del partito e come tale, essendo come io sono sicuro, capo del partito di maggioranza sarà lui ad occuparsi anche dell’Europa”.

Minniti aveva spiegato del resto di avergli suggerito “di non andare al governo” aggiungendo: “Paolo Gentiloni deve continuare come governo di ordinaria amministrazione perché questa è l’intenzione del nostro presidente della Repubblica. Questo rinvio può durare sei mesi, otto mesi, un anno ma poi bisognerà indire ovviamente nuove elezioni. È possibile che Gentiloni venga rieletto non più per un governo di ordinaria amministrazione ma per un vero e nuovo incarico”.

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