C’è una frase celebre sul lavoro di un celebre scrittore che dice più o meno : “Amo il lavoro, starei delle ore a vedere la gente lavorare”. E c’è un’altra frase tristemente celebre che dice : “Il lavoro
rende liberi”. Io non lavoro, quindi non sono libero. Ed è bellissimo. Mi alzo quando voglio, non ho appuntamenti, non so che cosa sia un business plan, non ho moglie e nemmeno figli.
Sono in pratica uno schiavo, schiavo di me stesso. Ed è meraviglioso. Arriva un bonifico da mamma ogni mese, ed è tutto. Non ho sensi di colpa perché sono una brava persona, gentile con
tutti, mentre le persone che lavorano sono spesso nervose e scorbutiche.

Io sorrido a tutti, soprattutto agli sconosciuti. Ho sempre avuto una naturale diffidenza verso tutto ciò che è faticoso, sono un illuminista che detesta ogni forma di tortura, e il lavoro per me è una forma di tortura, forse è per questo che nella mia attività di film maker indipendente mi riesce così bene raccontare il lavoro. Un mio progetto filmico è quello di raccontare tutti i lavori presenti nella società, non riuscirò mai a completarlo ma sono sul sentiero e farò quello che potrò. Nell’ottica di questo mio progetto ho fatto due videoritratti a un mio amico edicolante, lui arriva a lavorare anche 21 ore al giorno, abbiamo due vite diametralmente opposte ed è questo che ci rende così vicini.

Una volta sono stato anche suo dipendente, mi chiese di aiutarlo nell’apertura dell’edicola per alcuni mesi; se ben ricordo furono 4 mesi di levataccia alle 4.30 del mattino, alle 10.30 avevo già finito di lavorare, mi sentivo bene, in pace con tutti, tornando a casa avrei voluto abbracciare tutti i lavoratori che incontravo sul mio cammino, ma ero sereno perché sapevo che era un impegno a termine, per me era una sorta di vacanza di lavoro, non dal lavoro. Il mio amico invece ha ereditato l’edicola da suo padre e fa questa vita senza soluzione di continuità.

Lo vedo come un santo della polvere di piombo, uno stilita dei quotidiani, a volte vorrei che la sua edicola svanisse nel nulla o che volasse in cielo, vorrei che dedicasse il suo tempo all’amore
e al gioco, che tornasse bambino. Poi ci ragiono sopra e mi dico che Stefano (così si chiama il mio amico edicolante) ha fatto una scelta: ciò che hai ereditato dai padri devi riconquistarlo
se vuoi possederlo veramente. Stefano sta facendo questo, sta riconquistando giorno per giorno la sua eredità. La mia stima nei suoi confronti è infinita. Una mattina, l’edicola di via Foppa
a Milano è stata spostata per via dei lavori della nuova linea metropolitana milanese, un breve tragitto di alcune centinaia di metri per approdare all’interno del Parco Solari, quando ho filmato
l’edicola issarsi al cielo, tirata dalle funi, per un attimo ho sognato che quella gabbia di giornali volasse via e lasciasse per sempre libero il mio amico, ancora non mi rassegno all’idea che
Stefano debba invecchiare tra una pila di quotidiani e l’altra, ma così sento di mancargli di rispetto, anche se è una mancanza di rispetto dettata dal bene che gli voglio.

Stefano è un edicolante, fa il suo lavoro al meglio, e devo rispettare questa sua scelta. So che è un lavoro durissimo, quasi spietato, non so quanta vita abbiano ancora le edicole in questo mondo in via di trasformazione, ma so una cosa: l’edicola di Stefano è un punto di riferimento, se dovesse mancare mi sentirei perso. Ogni tanto quando finiamo di cenare con i miei amici ci facciamo
una passeggiata notturna al parco e lo andiamo a trovare, non è inusuale trovarlo ancora al lavoro anche alle dieci e mezza di sera, ogni volta vorrei abbracciarlo e dirgli grazie, grazie
per questa lezione di abnegazione, di dedizione folle a un lavoro. Questo mio piccolo film è il mio ringraziamento. Stefano, amico mio, starei delle ore a vederti lavorare. Domani, quando
tu punterai la sveglia alle 4 del mattino, io sarò nel mondo dei sogni, sognerò di bruciare la tua edicola con una tanica di benzina, e sognerò di ricevere il tuo perdono, un abbraccio.

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