C’è una mamma che si dispera perché pensa che suo figlio è morto. Un padre che dà il biberon al figlio mentre lo tiene in braccio. Sono solo due dei 764 migranti che, a bordo della nave “Diciotti” della Capitaneria di Porto, sono sbarcati stamattina, sabato 4 novembre, a Reggio Calabria. Vengono dal Pakistan, dalla Siria, dallo Yamen. Ma anche dalla Somalia, Nigeria, Sudan, dal Mali, dal Ghana e da molti altri paesi dell’Africa. Molti sono feriti e portano addosso i segni delle torture subite in Libia prima di salire sul barcone. E poi ci sono 8 salme di disperati che hanno tentato di attraversare il Mediterraneo dove, invece, hanno trovato la morte.

Erano mesi che a Reggio Calabria, come negli altri porti calabresi e siciliani, non si verificava uno sbarco così imponente. “La cura ‘Minniti’ è stato un flop perché ha donato soldi a destra e a manca inutilmente”. Una volontaria del Coordinamento Diocesano, Bruna Mangiola, si scaglia contro la teoria che l’Italia aveva risolto il problema migranti. Mentre aiuta alcune famiglie appena sbarcate, spiega ai giornalisti: “La storia ci insegna che quando parte un esodo di uomini, non si ferma facilmente. Fin quando possono, loro arrivano da tutte le parti. Ieri c’è stato uno sbarco improvviso tra Palmi e Bagnara Ci sono persone che hanno subito torture. Oggi la scabbia è l’ultimo dei problemi. E questo grazie alla cura ‘Minniti’ perché rimanendo in Libia c’è stata una compressione. Non li facevano partire e arrivavano da un’altra parte. Ci sono 8 cadaveri tra cui tre bambini. Stamattina abbiamo sentito che un altro gommone si è rovesciato e sono morti tutti. La storia ci giudicherà per quello che abbiamo fatto”

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