L’Italia “è un mercato relativamente giovane per la birra artigianale e della birra in generale”. Lo racconta a ilfattoquotidiano.it Alessio Selvaggio, birraio e direttore generale di UnionBirrai, l’associazione di categoria dei produttori di birra artigianale. Siamo al Festival internazionale delle birra artigianale, “EurHop!“, a Roma dal 6 all’8 ottobre. L’evento è giunto alla sua quinta edizione, ed è già un appuntamento di culto tra i cultori della “spina” di qualità.

“La birra artigianale nasce alla fine anni ’70 negli USA. È stato il risveglio di alcuni stili che erano andati quasi perduti o dimenticati”, dice Selvaggio. “Sull’onda dell’entusiasmo di molti bevitori di birra tradizionale che trovavano nelle birre artigianali qualcosa di innovativo, è scoppiato questo movimento di entusiasti, di bevitori attenti che cercano la novità e la storia dietro al prodotto e ai produttori. Parliamo di birre che hanno grande carattere e sono prodotte con ingredienti particolari come il riso o la frutta. Noi partiamo quindi a metà degli anni ’90: si arriva oggi, dopo 20 anni, con 700 unità produttive, circa 2500 persone impiegate direttamente nei birrifici e più di 4500 nell’indotto, soprattutto quello a valle cioè i distributori e i locali. Negli ultimi due o tre anni sono esplosi i locali di mescita legati al mondo della birra artigianale, che danno grandi opportunità di lavoro soprattutto ai giovani”. Tanto che molti decidono di cambiare vita, e tornare spesso a casa, nel paese d’origine, a mettere su un birrificio. Come Cecilia, che faceva la ricercatrice in biotecnologie a Roma. O Josif, che progettava e costruiva studi di registrazione in Italia e all’estero, con personaggi come Ligabue, Lucio Dalla, Elisa. O come Angelo, che faceva il consulente aziendale. O Anthony, che lavorava con i genitori nell’azienda di verniciatura e serigrafia per aziende di elettrodomestici. O, infine, Alessio, che lavorava nel settore alimentare e si occupava di norme igienico-sanitarie.

[Musica: Bloemen, Beer Taste]

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